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IL PAPA E L'AMERICA

 

Joseph Ratzinger, il Papa americano


“Il Papa americano” titolava il settimanale Time, che ha dedicato la copertina alla visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti. Un titolo che riassume bene l’incontro del pontefice con George Bush alla Casa Bianca, nel giorno dell’ottantunesimo compleanno del Papa. Tra i due si conferma una sintonia che mette tra parentesi due secoli di relazioni contrastate tra Santa Sede e Stati Uniti, incluso il pesante scontro tra Bush e Wojtyla sulla guerra in Iraq. Al pontefice sta a cuore indicare al mondo, e all’Europa in particolare, il modello americano come modello di riferimento per il rapporto tra religione e Stato: gli Stati Uniti come esempio di una democrazia fondata su un ordine morale. “La democrazia può fiorire soltanto, come i vostri Padri fondatori ben sapevano, quando i leader politici e quanti essi rappresentano sono guidati dalla verità e portano la saggezza, generata dal principio morale, nelle decisioni che riguardano la vita e il futuro della Nazione”, ha detto il Papa nel suo discorso alla Casa Bianca.

Il modello americano ben si coniuga infatti con il leit-motiv del pontificato di Ratzinger: la società occidentale, minata dalla secolarizzazione e dalla dittatura del relativismo, potrà avere un futuro solo se saprà tornare al suo fondamento, il Dio Creatore. “Sin dagli albori della Repubblica, la ricerca di libertà dell’America è stata guidata dal convincimento che i principi che governano la vita politica e sociale sono intimamente collegati con un ordine morale, basato sulla signoria di Dio Creatore”, ha detto ancora Benedetto XVI alla Casa Bianca di fronte allo staff presidenziale, i membri del Congresso (esclusi i candidati alle elezioni impegnati nelle primarie di martedì prossimo in Pennsylvania) e diecimila fedeli accorsi per l’evento, insieme con un gruppo di reduci dell’Afghanistan e dell’Iraq.

La difesa della libertà, ha aggiunto il Papa, “esige il coraggio di impegnarsi nella vita civile, portando nel dibattito pubblico le proprie credenze religiose e i propri valori più profondi. In una parola, la libertà è sempre nuova”. Nel suo discorso il pontefice ha anche citato il presidente Washington: “La religione e la moralità costituiscono “sostegni indispensabili” per la prosperità politica”. George W.Bush ha ricambiato il Papa con un’attenzione e una simpatia che è andata ben oltre il protocollo riservato ai capi di Stato: ha atteso Benedetto XVI all’aeroporto il giorno dell’arrivo, ha fatto sparare 21 colpi di cannone mentre Ratzinger varcava l’ingresso della Casa Bianca e ha fatto cantare “buon compleanno” al Papa affacciato al balcone, in un’atmosfera affettuosa e familiare. “L’America ha bisogno del suo messaggio e del suo insegnamento”, ha sottolineato il presidente nel suo discorso. A testimoniare della corrispondenza culturale e spirituale tra Bush e Ratzinger anche un altro particolare: nello studio ovale, al termine del colloquio, è entrata la moglie del presidente degli Stati Uniti e tutti e tre insieme hanno recitato una preghiera per la famiglia.

L’antipapismo protestante americano sembra insomma oggi un lontano ricordo. Anche le differenze confessionali sembrano annullate. È il “paradosso Bush”, come lo ha definito il Washington Post: accusato, a inizio mandato, di essere un “evangelico fondamentalista”, il presidente ha chiamato numerosi cattolici nel suo staff e in numerosi posti di comando. Tanto che c’è persino chi immagina un percorso di conversione al cattolicesimo simile a quello del britannico Tony Blair. In realtà, come ha osservato la Radio Vaticana, l’America oggi avverte il bisogno del sostegno morale del Papa per superare le difficoltà e le ansie del momento presente, legate alla crisi economica e alla guerra in Iraq. Stati Uniti e Santa Sede, come recita il comunicato finale dell’incontro, si impegnano oggi a combattere insieme la battaglia in difesa della vita umana, della famiglia fondata su matrimonio, contro il terrorismo e i fondamentalismi religiosi. Alla Santa Sede gli Usa promettono maggiore impegno in difesa dei cristiani in Iraq e per una soluzione negoziale del conflitto in Medio Oriente.

Il Papa, dal canto suo, non ha timore di indicare al mondo il modello americano di libertà religiosa e di democrazia che affonda le sue radici nel protestantesimo, nonostante negli ultimi anni, secondo il centro di ricerche religiose “Pew Forum“, il 32 per cento dei cattolici sia passato al protestantesimo episcopaliano, battista, metodista o pentecostale. Molto importante è la santa alleanza tra evangelici e cattolici sui alcuni temi etici, come accaduto nel caso della battaglia per salvare Terry Schiavo. Chi si aspettava qualche presa di posizione di Ratzinger contro la pena di morte, la guerra in Iraq, il rispetto dei diritti umani, l’individualismo e il materialismo della società americana, per il momento resta deluso.

 

 

 

L'abbraccio tra il Papa e l'America

  FRANCO GARELLI ,da LA STEMPA, 21/4/08

Il Papa ha stregato l'America»: ecco il giudizio più penetrante sul viaggio di Benedetto XVI negli Usa, che si è concluso ieri con l'intensa preghiera a Ground Zero. A pronunciarlo non è stata una fan del Pontefice, ma Peggy Noonan, editorialista del Wall Street Journal, che pure si è detta insoddisfatta di alcuni aspetti della visita, tra cui il discorso alle Nazioni Unite.

Benedetto XVI ha colpito nel segno più per il suo rapporto con l'America che per il suo discorso - pur molto atteso - ai grandi e ai popoli della Terra. All'Onu si è presentato un Papa più orientato all'armonia che all'affondo. Si può oggi parlare in quella tribuna di diritti umani senza citare il Tibet, la Cina, il Medio Oriente? Si possono toccare temi così impegnativi senza ferire nessuno? A molti il discorso all'Onu del Papa è parso troppo morbido o «diplomatico», magari per non compromettere difficili equilibri o negoziati in corso. Non sono certamente mancate le novità, da cercarsi però più tra le pieghe del testo che nei toni, più nelle parole misurate che negli alti richiami. Quelli a cui ci aveva abituato Karol Wojtyla, che anche nei momenti ufficiali non mancava di far sentire la sua passione per il mondo e la sua denuncia delle situazioni umane più compromesse.

Tuttavia, il pensiero di Ratzinger non è stato di routine, avendo offerto spunti per un nuovo capitolo delle relazioni internazionali. Tra questi, l'auspicio di una «protezione globale dell'umanità» (con l'Onu che ha diritto di ingerenza contro gli Stati in cui non si rispettano i diritti umani); la necessità di combattere il terrore salvando i diritti; l'urgenza di ribaltare un equilibrio mondiale basato sulle decisioni e gli interessi di pochi.

Il pathos che è mancato nel discorso dell'Onu è emerso invece nell'abbraccio del Papa con l'America, in particolare con il cattolicesimo di quella nazione. Il check-up della comunità cattolica è stato forse il motivo prevalente del viaggio, da parte di un Papa che si delinea sempre più come un cultore o un esteta della tradizione religiosa. La sfida è evidente. Fin dove è estensibile il progetto di un Papa che mira a dar ordine alla presenza cattolica nella modernità avanzata? Questo disegno vale solo per l'Europa o si applica anche a una terra come gli Usa, dove il cattolicesimo è oggi vitale ma anche molto indipendente?

Ratzinger ha sempre avuto una particolare ammirazione per la situazione religiosa degli Stati Uniti, per una nazione che si ritiene ancora oggi benedetta e guidata da Dio (fino a pensarsi come un suo strumento privilegiato di azione nella storia), dove le fedi religiose hanno ampia cittadinanza nella sfera pubblica e rappresentano l'anima profonda di tutto l'ambiente. Qui la religione non è legittimata o rafforzata dallo Stato, quanto dal sentire dei diversi popoli e dalla vitalità della società civile. Anche il cattolicesimo americano riflette questo clima di libertà religiosa, fatto di appartenenze volontarie, di comunità che sostengono attivamente le opere della religione, di un coinvolgimento religioso intenso e partecipe. Oltre a ciò, i cattolici americani vivono oggi una stagione di crescita, per un'immigrazione ispanica che dura ormai da più di vent'anni. Tuttavia, come si sa, si tratta di un cattolicesimo non privo di tensioni e di contraddizioni, e la denuncia di questa radiografia problematica è stata uno degli inattesi atti di coraggio della visita del Papa.

Oltre a ciò, altre parole forti sono state spese dal Papa per richiamare i cattolici a non lasciarsi influenzare da un relativismo morale che sconfessa l'orientamento religioso, che indulge nei confronti dell'omosessualità (altro problema del clero americano), che alimenta posizioni liberal e pro-choice nella comunità ecclesiale. Infine è stato pressante il richiamo ai cattolici a non cedere alla moda corrente di una religione «fai da te», a evitare le facili conversioni o una «fede solitaria» e individualistica che prescinde dalla tradizione religiosa.

Per papa Ratzinger, dunque, l'America religiosa non è solo un modello da seguire, ma anche da correggere. È una nazione in cui si prega molto, ma dove non pochi cattolici sono collegati con Roma da un filo troppo esile, riflettendo in ciò i tratti dell'individualismo e del liberalismo della sua storia.

Anche nel mettere nuovi paletti e confini nel cattolicesimo della nazione più aperta e progredita, papa Ratzinger continua a proporre il suo gusto per una fede e una Chiesa che devono riscoprire il senso della tradizione e dell'integrità religiosa.

 

Il Papa, i preti pedofili e la Chiesa americana

Tredicimila piccole vittime, 5 mila sacerdoti coinvolti, due miliardi di dollari di risarcimento: lo scandalo degli abusi sessuali sui minori si impone come uno dei temi al centro del viaggio di Benedetto XVI negli Stati Uniti. Protestano fuori dell’ambasciata della Santa Sede a Washington e davanti alla Casa Bianca le associazioni delle vittime degli abusi: chiedono di incontrare il Papa e reclamano maggiore severità da parte della Chiesa nei confronti dei preti pedofili.

Ratzinger ha affrontato immediatamente la questione. Appena partito da Roma, nella conferenza stampa sul volo diretto a Washington, ha riconosciuto, di essere “mortificato” per lo scandalo degli abusi sessuali e si è impegnato a fare “tutto il possibile per assicurare che questo non si ripeta in futuro”. In concreto ha promesso che i pedofili saranno “rigorosamente” esclusi “dal sacro ministero” poiché “è assolutamente incompatibile e chi è veramente colpevole di essere pedofilo non può essere sacerdote”. Benedetto XVI è tornato sullo stesso argomento nel discorso rivolto agli oltre 400 vescovi americani riuniti nel Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington. Ha ammesso “profonda vergogna” per gli abusi sessuali commessi sui minori da “uomini di Chiesa” che hanno “tradito i loro obblighi e compiti sacerdotali”. Il pontefice ha raccomandato perciò ai vescovi di manifestare “compassione e sostegno alle vittime”. Ma ha anche dovuto riconoscere che la risposta agli abusi sessuali dei sacerdoti “è stata talvolta gestita in pessimo modo”.

 Ora vi sono le misure disciplinari e le norme di comportamento adottate a partire dal 2002 dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti su indicazione della Santa Sede; tuttavia il Papa ha ribadito che “è di vitale importanza che i soggetti vulnerabili siano sempre protetti da quanti potrebbero causare ferite”. Basteranno queste parole di Benedetto XVI per rispondere alle attese dell’opinione pubblica americane e placare le proteste? Forse no, perché le associazioni delle vittime degli abusi chiedono qualcosa di più. La Snap (Survivors Network Abused by Priests) in particolare reclama che vengano puniti i vescovi che hanno coperto i sacerdoti responsabili di abusi oppure non hanno preso provvedimenti adeguati nei loro confronti. Pesano sulla Chiesa americana anche le differenze di legislazione tra i diversi Stati americani che hanno creato una situazione a macchia di leopardo: dove i tempi di prescrizione per i reati di abuso sessuale sono più lunghi le diocesi sono state chiamate a risarcire le vittime finendo, in alcuni casi in bancarotta (Boston, Los Angeles). Invece negli Stati in cui i termini di prescrizione sono più brevi (Maryland, Colorado) la Chiesa è stata appena sfiorata dallo scandalo degli abusi. Una situazione che ha creato attriti e frizioni all’interno della stessa Chiesa statunitense e che i vescovi americani oggi sono chiamati ad affrontare.