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LA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA

 

Di Ettore Jorio

 

1. La storia e le caratteristiche dell’attuale assistenza sanitaria negli USA

L’assistenza sanitaria pubblica negli Stati Uniti d’America - limitatamente agli

anziani e ai disabili, nonché ai poveri - è da considerarsi di recente concepimento, specie se

rapportata agli omologhi trascorsi europei. Esso risale, infatti, al 1960, più esattamente

all’epoca della presidenza di J.F. Kennedy, periodo nel quale vennero ideati i primi

programmi di protezione sociale. Programmi, questi, che sono stati, poi, entrambi approvati

(anziani/disabili e poveri) dal Congresso americano nel 1965, durante la successiva

amministrazione di L. Johnson, e quindi sopravvissuti fino ad oggi, routinariamente

implementati, seppure in modo parziale e non esaustivo. Tutto ciò è, comunque, dimostrativo

di quanta poca attenzione avessero destinato alle politiche sociali e al governo del welfare

state le gestioni presidenziali statunitensi precedenti a John F. Kennedy, nonostante gli Stati

Uniti d’America avessero costituito, dal dopoguerra in poi, il riferimento nei cui confronti

tutto l’Occidente era, di fatto, tenuto a misurarsi in termini di produttività ed economia. Una

grande contraddizione, dunque, solo a pensare che in Europa, e più specificatamente in

Germania, l’assistenza sanitaria, fondata sull’assicurazione sociale obbligatoria, cominciò ad

insediarsi, sin dalla fine dell’800, più esattamente nel 1883, per volontà di O.E.L. von

Bismarck, soprannominato il cancelliere di ferro1.

I pochi tentativi successivi di riformare organicamente il tutto e rendere sistematica

l’assistenza sanitaria negli USA sono naufragati a causa delle forti resistenze politiche

incontrate, sia tra i repubblicani che tra i democratici, soprattutto a difesa degli interessi

economici del ceto assicurativo, assolutamente dominante, che hanno neutralizzato ogni

accenno di cambiamento.

Negli USA quasi tutto è rimasto pressappoco come disegnato negli anni ’60, in

perfetta coerenza con la sottovalutazione registratasi nel passato in materia dei diritti posti a

salvaguardia dello stato sociale e a tutela degli interessi miliardari delle grandi assicurazioni

private. Le uniche eccezioni alla regola della programmata immutevolezza dell’esistente

hanno riguardato qualche evoluzione poco significativa, intervenuta in tema di estensione

delle prestazioni in favore di alcune ristrette tipologie di assistiti, prodotta dalla politica

anzitutto per autopromuoversi, principalmente intesa ad introdurre qualche parziale estensione

assicurativa di modeste proporzioni, che nulla ha determinato, sotto il profilo sostanziale,

quanto a reale portata dell’assistenza sanitaria pubblica.

Un tale processo disorganico ha consolidato una ovvia e assoluta prevalenza

dell’imprenditoria del settore strettamente assicurativo, divenuta egemone nel garantire la

migliore offerta qualitativa, grazie altresì ai risultati conseguiti dalla ricerca scientifica - dei

quali si è strumentalmente avvalsa, quasi in via esclusiva, in termini di appropriazione e

tempestivo uso della tecnologica di avanguardia, sia diagnostica che terapeutica - nonostante

finanziata, principalmente, con il danaro della collettività. Tutto questo ha, naturalmente,

rappresentato una delle carte vincenti del successo assicurativo privato, anche perché

contrapposto ad una presenza debole, quasi subordinata, della componente istituzionale di

estrazione pubblica, ancorché garante di un importante segmento dell’esigibilità del diritto

alla salute in favore delle fasce più deboli e più bisognose di assistenza, altrimenti trascurato.

La mancanza di un sistema nazionale di protezione sociale ha, pertanto, reso molto

frammentata e sensibilmente differenziata la rete assistenziale e, con questo, ha prodotto delle

pericolose discriminazioni per la salute dei cittadini, molti dei quali (quelli sprovvisti dei

requisiti per essere riconosciuti ufficialmente poveri e, di guisa, godere dell’apposito

programma sociale denominato Medicaid) da sempre sprovvisti di alcuna forma di

assicurazione2. Una tale condizione ha fatto sì che ciò che in Europa viene considerato, da

tempo, un diritto scontato, costituzionalmente protetto, divenisse un optional, una sorta di

privilegio discrezionalmente concesso o meno in godimento dei cittadini sulla base delle loro

condizioni sociali. Tra queste, lo status di occupato ovvero di soggetto attivamente partecipe

del mondo del lavoro, soprattutto dipendente, e - in quanto tale - giustificativo della copertura

assicurativa da convenirsi, il più delle volte contrattualmente, con il mondo delle imprese, a

titolo di retribuzione complementare. Si è, quindi, venuto a consolidare un regime di

erogazione sanitaria massimamente privato, generalmente offerto dai datori di lavoro ai propri

dipendenti, a titolo di specifici compensi aggiuntivi (c.d. fringe benefit), da concretizzarsi con

l’iscrizione dei medesimi ad una Health Maintenance Organization (HMO). Una sorta di

organizzazione di sicurezza sociale, istituita negli anni ’70, alternativa alle più tradizionali

assicurazioni cosiddette a rimborso (delle quali si accennerà appena più avanti), alla quale

fanno capo un congruo numero di medici di famiglia, specialisti e strutture private, più o

meno accuratamente preselezionate, convenzionate e/o direttamente di proprietà della stessa.

In buona sostanza, a fronte dell’anzidetta iscrizione ad una HMO viene reso agli

utenti/assicurati un servizio assistenziale che si concretizza nella erogazione di prestazioni

salutari catalogate in appositi piani sanitari personali predefiniti, offerti da fondi istituiti ad

hoc e da compagnie assicurative ed erogati in favore dei titolari di polizza3. Una specie di

sistema assicurativo diretto, che ricorda, quanto ai più sommari criteri di funzionamento, la

metodologia con la quale, ante riforma del 1978 (legge n. 833), istitutiva del Servizio

Sanitario Nazionale, veniva garantita in Italia l’assistenza ad opera dell’organizzazione

mutualistica. Quelle “Casse mutue” che erogavano, a fronte di un prelievo di tipo

contributivo, direttamente connesso e rapportato all’attività esercitata dagli assicurati,

prestazioni di assistenza, differenziate per tipologia di categoria dei lavoratori iscritti, per il

tramite di professionisti e/o strutture private fiduciarie ovvero proprie (esempio: l’INAM e

l’ENPAS, rispettivamente, per i dipendenti di aziende private e per quelli dello Stato).

In alternativa ad una tale procedura - divenuta desueta dagli anni ’90 in poi per la

rigidità complessiva determinata dagli elenchi degli erogatori professionali messi a

disposizione dell’utenza assicurata, peraltro sempre meno numerosi perché indisponibili ad

accettare le basse retribuzioni garantite dal sistema delle convenzioni - si è venuta ad

incrementare la domanda dei cittadini verso forme assicurative più garanti della loro libertà di

scelta. Una opzione contrattuale, oggi maggiormente soddisfatta all’interno di un rapporto di

lavoro dipendente di pregio ovvero in uso tra i professionisti autonomi, attraverso la copertura

assicurativa cosiddetta a rimborso, mediante la quale direttamente l’assicurato e/o, più

frequentemente, il professionista/struttura che ha reso la prestazione/servizio viene

direttamente remunerato dalla compagnia assicurativa con la quale l’utente intrattiene il

relativo contratto. Il tutto a seguito di una fase liquidatoria, che costituisce il più delle volte il

tratto finale di una trattativa alquanto curata, ove i due soggetti contrapposti, il prestatore della

attività professionale e l’assicuratore, bene esercitano i loro contrapposti interessi,

rispettivamente di incassare il più possibile ovvero di corrispondere il minore prezzo sulla

prestazione resa in favore dei loro “assistiti”, impegnando, al riguardo, notevoli dispendi di

energia e di risorse, indispensabili per condurre a buon fine le trattative. Una spesa

amministrativa, insomma, che porta ad incrementare sensibilmente il costo delle polizze

assicurative, fino a raggiungere tetti di spesa dell’ordine del 18/20% del totale.

A ben vedere, dall’esame complessivo del meccanismo, emerge una garanzia

assistenziale direttamente proporzionale alla ricchezza goduta dal privato cittadino americano,

tale da consentirgli l’accesso alle polizze abilitative che meglio confanno alle sue esigenze e a

quelle della sua famiglia.

Quanto, invece, agli oltre 46 milioni di cittadini che improvvisamente hanno perduto

(perché, per esempio, non hanno più il lavoro) e/o mai posseduto le necessarie disponibilità

finanziarie per accedere al sistema assicurativo privato, esclusi dai programmi sociali messi a

disposizione dall’Autorità pubblica statunitense? Fino ad oggi, l’arte di arrangiarsi ovvero,

alternativamente, di ammalarsi, anche gravemente, senza avere la possibilità di godere di cure

adeguate e costanti, fino a morire4.

2. L’esigenza di un sistema assistenziale organico: una proposta che è frutto di un

compromesso

Da una siffatta descrizione dell’esistente, obiettivamente resa, emerge un sistema

sanitario che non c’è e che Barack H. Obama vuole, invece, che ci sia5. Non può, tuttavia,

pretendere, come vorrebbe, un sistema pubblico che garantisca la salute universale e

uniforme, perché la politica e le condizioni dell’economia del suo Paese non lo

consentirebbero, nonostante che gli attuali costi, sopportati a stento dal Governo federale,

siano stati e sono tra i più alti del Pianeta. Nel 2007, infatti, si sono registrati costi per 6.096

USD (nel 2009: circa 8.000 USD) per ogni statunitense, contro 3.171, 2.414 e 2.293 dollari

spesi ogni anno, rispettivamente, in Germania, in Italia e in Giappone per i loro cittadini6. Una

considerazione, questa, che ha fatto sì che il presidente Obama dichiarasse la riforma sanitaria

come una necessità ineludibile per l’economia americana, altrimenti strozzata dalla crescita

esponenziale del proprio disavanzo annuo e, quindi, del debito pubblico7. Con questo - oltre a

sostenere gli obiettivi della universalità e dell’uguaglianza che una siffatta modificazione del

“sistema” in essere andrebbe a realizzare - ha sensibilmente modificato l’iniziale spirito

“ideologico” del suo progetto riformatore, ovverosia ha aggiunto alla sua originaria

impostazione, molto più politico-sociologica, le ragioni dell’urgenza a provvedere e

dell’efficienza funzionale del cambiamento, strumentale alla razionalizzazione dei costi,

oramai insostenibili, relativi alla assistenza sanitaria e, dunque, al consequenziale risparmio

che deriverebbe da una trasformazione così profondamente strutturale8.

Dunque, si prevede il sopravvenire di un sistema ibrido ovvero un’espansione

dell’esistente con l’aggiunta del terzo soggetto compartecipe, ad esercitare la funzione di

moderatore economico: le cooperative no profit.

Pertanto, si lascia presagire non più la creazione di un “polo pubblico”, così come

speravano in tanti, decisamente alternativo ovvero concorrente a quello privato, speculativo

anche per definizione, bensì un sistema misto provvisto di “qualche forma di competizione”

(Kathleen Sebelius, ministro della sanità Usa, dixit), da esercitarsi, appunto, attraverso forme

di “cooperative assicurative”. Si preannuncia, dunque, un futuro incremento degli attori

protagonisti dell’offerta di Salute, sì da determinare un prevedibile allargamento sociale delle

prestazioni, assicurate in favore dei non assistiti di oggi, perché garantito dai minori costi di

produzione. Questi ultimi resi, verosimilmente, possibili da una severa concorrenza

amministrata fondata sul nuovo rapporto/confronto tra i capitalisti per mestiere, che

diventerebbero non più dominanti, rappresentati dalle grandi compagnie assicurative, e quelli

funzionali, impersonati dal sistema pubblico e quello cooperativo, non speculativo per

definizione.

Così facendo, verrebbe a realizzarsi, comunque, l’introduzione a regime di un sistema

organico, ove il Governo federale inizierebbe ad esercitare, anche incentivando la filiera del

sistema cooperativo dedito all’assicurazione sociale, un ruolo di garante di un’assistenza

sanitaria più efficiente e più diffusa, soprattutto in favore dei cittadini che rientrano nelle fasce

reddituali più basse, ma non così modeste da rientrare nell’apposito programma dedicato ai

poveri, il cosiddetto Medicaid.

In sintesi, si pretende l’esordio di un sistema sanitario che vada necessariamente a

rivedere l’attuale impianto, ritenuto da Barack Obama essenzialmente parziale e disattento in

termini di prevenzione sistematica, di cura adeguata delle gravi malattie e di riabilitazione

reale. Quell’organizzazione, insomma, da ritenersi assolutamente discriminatoria nel

perseguimento della più naturale mission assistenziale, in quanto non idonea a soddisfare i

bisogni di salute degli americani di fascia di reddito medio (46/47 milioni di cittadini), e

segnatamente ingiusta, dal momento che rende esigibile il diritto alla salute secondo la

convenienza del soggetto assicuratore (fondi caratteristici e società assicuratrici), che tende a

sottrarre, soventemente, le cure più costose, indipendentemente dalle necessità vitali

dell’assicurato (esempio: trattamenti di chemioterapia e similari), specie quando queste

risultino di lunga durata. Un logica, questa, che porta a non riassicurare chi ha già avuto

problemi di salute e che, allorquando lo rende possibile, lo fa solo in via ipotetica, attese le

numerose insidie spesso contenute nei relativi contratti, impedenti ogni successiva erogazione

utile.

3. Le testimonianze critiche sull’attuale organizzazione

Questo è quanto accaduto fino ad oggi negli Stati Uniti d’America, a fronte del quale

sono state manifestate, da tempo, giuste rivendicazioni da parte dei ceti sociali emarginati

ovverosia di quelli esclusi dall’assistenza sanitaria, i quali pretendono, a ragione, una

sostanziale revisione delle regole.

Una buona testimonianza su come ivi funzioni male la sanità è stata anche offerta

dall’ultimo film di Michael Moore dal titolo “Sicko”. Una rappresentazione cinematografica

che, nonostante il giudizio critico del New York Times, è da ritenersi fedele alla realtà, quanto

ai limiti evidenziati e ai pericoli denunciati. Una spesa pubblica specifica esagerata, peraltro

appesantita da costi burocratici spesso inconcepibili, contrapposta ad una assistenza negata ad

una fetta consistente della popolazione (circa il 16%), destinata a crescere in modo

esponenziale a seguito della più recente crisi finanziaria che ha visto aggredire principalmente

l’economia statunitense.

L’attuale organizzazione ha solo la parvenza di un impianto di regole a sistema,

ancorché celebrato come garanzia per la salute per i cosiddetti soggetti deboli. Due i

programmi federali esistenti, denominati Medicare e Medicaid, rispettivamente, destinati agli

anziani e disabili nonché ai poveri, che tuttavia assicurano poco in termini di qualità

assistenziale9. A questi si aggiunge lo State Children’s Health Insurance Program (c.d.

SCHIP, con circa 7 milioni di assistiti) dedicato ai bambini delle famiglie che non possono

permettersi un’assicurazione privata, ma non così povere da essere riconosciute formalmente

tali e, quindi, godere dei “servizi” gratuiti del Medicaid.

Con il programma Medicare (oltre 38 milioni di assistiti) viene assicurata l’assistenza

a tutti gli anziani ultrasessantacinquenni e ai disabili, indipendentemente dal loro reddito, in

ossequio al principio universalistico. Tale assistenza viene erogata attraverso le strutture, sia

pubbliche che private, e dai professionisti che ne assumono il relativo obbligo con il governo

federale, alle condizioni economiche tra gli stessi convenuti sulla base di una apposito

formulario/tariffario.

Con il programma Medicaid (oltre 40 milioni di assistiti) viene, invece, garantita

l’assistenza sanitaria dei poveri ovverosia di tutti coloro i quali risultano al di sotto di un

reddito vitale. Esso è gestito dai singoli Stati, i quali percepiscono dal Governo federale un

contributo che solitamente copre il 60% delle spese sostenute. Siffatto impianto consentirebbe

di godere dell’assistenza sanitaria attraverso le medesime strutture e gli stessi professionisti

disponibili per il mercato complessivo. Si è utilizzato il condizionale in quanto una tale

eventualità risulta nei fatti remota, atteso che, in considerazione dei modesti onorari previsti

nel programma, molti degli anzidetti strutture/professionisti non si dichiarano disponibili a

garantire le prestazioni relative in regime convenzionale. Una situazione, questa, che fa

ripiegare la domanda di assistenza degli utenti rientranti nel programma Medicaid presso i

pronto soccorso degli ospedali, tenuti per legge a fornire le cure mediche di immediato

intervento, salvo poi dimettere l’utente, se sprovvisto di polizza assicurativa, non appena lo

stesso abbia acquisito le funzioni vitali10.

A ben vedere, tutto vive sul principio del mercato più cinico. Una assistenza “così

così” per gli anziani, i disabili, i poveri e i bambini di famiglie quasi povere. Un’altra di

qualità superiore, esclusivamente, in favore di chi riesce a pagare polizze assicurative per

decine di migliaia di euro all’anno (per una assicurazione garante di prestazioni medio/alte di

4 persone occorre sopportare una forbice di costo annuo oscillante tra i 12 mila e i 40 mila

dollari), peraltro sensibilmente differenziate su base statale. Dunque, un ventaglio/listino

potenziale per la tutela della Salute composto pressappoco di 50 tariffe, quanti sono gli Stati

in Usa, per 50 gradi di assistenza, capaci di moltiplicarsi in proporzione geometrica in quanto

discriminati per grado di probabile ovvero reale patologia, rispettivamente, presunta o vissuta

dagli assicurandi. Quindi, una miriade di tariffe, il più delle volte speculative, così come

impone ogni prodotto imprenditoriale, per spessori assistenziali così discriminati,

principalmente in termini di offerta salutare. Di conseguenza, sono molte le tipologie delle

polizze, differenziate quanto a qualità e quantità delle prestazioni assicurate e modalità di

godimento. Alcune prevedono, infatti, una assistenza ottenibile ricorrendo all’elenco dei

prestatori/servizi “convenzionati” cui potere accedere, quasi sempre con ticket a carico

dell’assicurato (di un valore tra i 20/50 dollari). Altre, e sono le più diffuse, attraverso

l’esercizio della più generale e libera istanza del titolare della polizza, rivolta a tutte le

strutture/professionisti attivi sul libero mercato con successivo rimborso a pie’ di lista, da

effettuarsi solitamente in favore dei prestatori, dietro esibizione della documentazione

probatoria dei servizi dai medesimi resi all’assicurato.

Insomma, più soldi hai da spendere in assicurazione privata e meglio riesci a curarti e,

in molti casi, a non morire. Per il resto, fatta eccezione per i due programmi assicurativi

(Medicare e Medicaid, fino a quando riusciranno a garantire prestazioni accettabili), esistono

seri problemi di assistenza e, quindi, di qualità dell’esistenza per una grande fetta della

collettività esclusa.

Barack Obama, consapevole delle difficoltà sociali, che conosce bene per i suoi

brillanti trascorsi professionali, sta compiendo sforzi notevoli per riscrivere il sistema

sanitario statunitense. Lo sta facendo perché quello attuale è insopportabile per l’Erario in

quanto costa troppo e, soprattutto, per garantire a 46/47 milioni di cittadini il diritto alla

salute, fino ad oggi negato.

L’attuale organizzazione salutare americana, così come ha avuto modo di sintetizzare

un apprezzato autore, circa due anni addietro, quindi molto prima della elezione dell’attuale

Presidente, presentava e presenta alcuni limiti caratteristici. Nell’occasione, il sistema

insediato negli Usa è stato ritenuto insufficiente, costoso, ingiusto e paradossale11.

Insufficiente perché inadatto a garantire benefici reali in favore degli assistiti, atteso

che la vita media del cittadino statunitense (75 anni nel 2007; 77 anni oggi) è di gran lunga

inferiore di quelle garantite dai sistemi sanitari dei maggiori paesi industriali (77 anni nel

2007; 83 anni oggi).

Costoso perché produttivo di una assistenza che grava maggiormente sulle tasche dei

cittadini, ordinariamente sottoposti a prelievo erariale, dal momento che ogni contribuente

americano ha sopportato, riferito al 2007, un onere fiscale pari a 2.725 USD annui per persona

potenzialmente assistita12.

Ingiusto perché, nonostante gli elevati costi sopportati dal Governo federale, lascia

sprovvista di un’assistenza sanitaria minimamente accettabile una ampia fascia di popolazione

(oltre 46 milioni di cittadini), in quanto non rientrante nelle categorie protette (anziani/disabili

e/o poveri “certificati”) e, in quanto tale, dovrebbe provvedervi con proprie risorse, delle quali

molto spesso non dispone.

Paradossale perché tutto ciò accade a fronte della migliore ricerca scientifica al

mondo che - come si è detto - arricchisce, quasi esclusivamente, i servizi resi disponibili a

pagamento, soprattutto attraverso il canale assicurativo privato, nonostante i costi relativi

siano sopportati dalla collettività federale.

4. Le idee di Barack H. Obama

Questo è quanto accade fino ad oggi negli Stati Uniti d’America, che invero ha

lasciato molto sorpresi la gran parte di coloro che ivi presupponevano, erroneamente, una

assistenza sanitaria di ottimo livello diffusamente erogata in favore di tutta la popolazione.

Una realtà, invece, ben lontana da quella pensata e dalle fiction televisive che fanno diventare

eroi del nostro tempo i medici statunitensi e, pertanto, innaturale per noi europei, abituati a

dare l’assistenza sanitaria come fatto scontato.

Ebbene, Obama ha deciso di sfidare il sistema politico del proprio Paese accollando

una gran parte dei costi dell’universalità dell’assistenza, da estendere a 46/47 milioni di

americani, ai cittadini con un reddito annuo maggiore ai 350 mila dollari (per alcuni da

elevare ad un milione). Dunque, dal versante delle prestazioni globali da garantire, un

processo simile a quello che ha prodotto in Italia la riforma del 1978 con la legge n. 833.

Quella riforma che ha introdotto il SSN e che ha sancito l’assistenza a chiunque e ovunque,

liquidando il vecchio sistema mutualistico.

Una mission affascinante e coraggiosa, quella di Obama, che vuole riconoscere a tutti

gli americani il più importante dei diritti sociali: quello di esigere, sempre e comunque, il

diritto alla salute. Uno stravolgimento radicale in un Paese ove non c’è ospitalità nella buona

sanità se non a fronte di una polizza assicurativa, che diventa sempre più onerosa e, quindi,

meno accessibile13.

Nella sostanza, il presidente Barack H. Obama, con il suo progetto di riforma,

all’esame del Congresso14, propone, tra l’altro:

- una serie di misure transitorie a favore dei cittadini divenuti precari, in senso

lato15, ovvero disoccupati, in notevole incremento a seguito delle difficoltà derivanti dalla

crisi finanziaria in atto. Un programma denominato Instituting Temporary Provisions to Make

Health Care Coverage More Affordable for Americans Who Have Lost Their Jobs, da doversi

finanziare attraverso l’American Recovery and Reinvestment Act (ARRA) of 2009. Una legge,

questa, letteralmente tradotta di “recupero” ovvero di stimolo alla crescita dell’economia,

validata dal presidente Obama il 17 febbraio scorso. Un provvedimento legislativo omologo

di quello formalmente condiviso dal presidente F.D. Roosevelt nel giugno del 1933 per

fronteggiare la grave depressione che attanagliava allora gli Stati Uniti, attraverso la

istituzione di una apposita agenzia federale, la cosiddetta Public Works Administration

(PWA).

Le agevolazioni ivi previste in favore dei cittadini che perdono ovvero che hanno già

perso il lavoro, stimati in circa 7 milioni di unità, si concretizzano nell’accorta previsione di

un credito di imposta pari al costo dell’assicurazione sanitaria garante della assistenza della

propria famiglia. Un soluzione, questa, che richiederà un rilevante impegno economico,

motivo per cui essa è allo studio del Comitato misto per l’imposizione, attesi i consistenti

valori di imponibile tassabile da dover sterilizzare e tradurre in corrispondenti crediti erariali,

compensativi del costo da sopportare per garantirsi l’assistenza;

- un sensibile incremento della copertura sanitaria in favore dei bambini

(Increasing Health Care Coverage for Children). In proposito, il presidente Obama, non

appena insediato, ha prontamente sottoscritto il Children’s Health Insurance Program

(CHIP). Con questo, ha consentito, a differenza del suo predecessore G.H.W.Bush - che

aveva posto il veto ad una tale regolazione, nonostante lo stesso fosse condiviso bipartisan -

un consistente aumento, in favore di 4 milioni di bambini, dei programmi Medicaid. Una

esigenza ritenuta irrinunciabile, in quanto, con la crisi in atto, molti dei bambini

utenti/beneficiari della iniziativa legislativa avrebbero perso la copertura assicurativa, non

garantita a quelli appartenenti a famiglie povere ma non tali da rientrare negli anzidetti

programmi assistenziali ordinari;

- la riforma dell’informatizzazione, da definirsi in cinque anni, della carta

medicale riferita a ciascun cittadino. In buona sostanza, l’attualizzazione a sistema

dell’anamnesi dei pazienti (Computerizing America’s Health Records in five years),

attraverso la quale ricostruire correttamente la storia salutare di tutta la popolazione. Un tale

programma è, quindi, inteso a correggere gli errori che si trascinano da tempo, troppo spesso

responsabili di interventi medicali non sempre appropriati, responsabili di costi umani

irreparabili e, di guisa, di un insopportabile aggravio economico, entrambi derivati da errate

diagnosi e da terapie inadeguate. Considerata l’attenzione che negli Usa si rivolge alle norme

sulla privacy, un siffatto percorso dovrà garantire ogni tutela nei confronti delle riservatezza

delle informazioni assunte e del trattamento dei dati relativi, indispensabili per definire la

programmazione futura, finalizzata a scongiurare errori medici e, conseguentemente,

migliorare la qualità dell’assistenza;

- l’elaborazione sistemica di tutte le informazioni utili alla diffusione delle

conoscenze, in favore di tutti gli operatori impegnati nella sanità, in materia dei trattamenti di

avanguardia e di evoluzione diagnostica, terapeutica e riabilitativa (Developing and

Disseminating Information on Effective Medical Interventions). Infatti, uno dei problemi

fondamentali che affliggono le organizzazioni sanitarie di tutto il mondo è determinato dalle

diverse velocità con le quali vengono divulgate e, quindi, apprese le novità scientifiche

concrete, dalla cui pronta applicazione deriverebbero sensibili incrementi qualitativi delle

prestazioni assistenziali da garantire ai cittadini/utenti. Invero, a fronte di una ricerca

scientifica che corre speditamente negli USA, per lo più finanziata con risorse federali - dei

quali risultati gode il sistema assicurativo privato, sempre pronto ad investire,

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tempestivamente, sulle novità individuate dalla stessa, da tradurre in servizi da vendere in

favore dell’utenza benestante - vi è da registrare un forte ritardo del sistema alternativo ad

aggiornarsi quanto a tecnologie recenti e a percorsi terapeutici di nuova generazione. Ciò

soprattutto in relazione alla efficacia reale dei trattamenti più avanzati, sia in termini di

diagnosi, che deve essere più precoce possibile, sia di terapie più appropriate e innovative,

garanti di risultati eccezionali, proiettati ad allungare, in modo sempre più dignitoso, la vita

degli ammalati. Ebbene, proprio per garantire questo flusso di informazioni da spendere in

favore della salute dei cittadini americani, è stato previsto nell’anzidetto Recovery Act del

2009 un investimento di 1,1 miliardi di dollari. In buona sostanza, con questo impegno

economico verrebbe finanziata sia la ricerca applicata, in relazione all’efficacia comparativa

dei dati ottenuti con le diverse metodologie mediche, che quella più innovativa, da testare

negli appositi istituti salutari e modalità da convenire con i diretti destinatari, disponibili a

sottoporsi a terapie di carattere sperimentale. Una accelerazione, dunque, della ricerca

applicata, nel suo complesso, finalizzata a selezionare i percorsi più garanti della salute dei

cittadini, attraverso una più curata e attenta diffusione delle informazioni relative da trasferire

alla classe medica in generale;

- l’investimento massiccio di risorse in favore della prevenzione e del benessere

(Investing in Prevention and Wellness), a tutela delle numerose patologie che affliggono gli

americani per cattiva alimentazione e per mancato esercizio fisico, che determinano una

diffusa obesità che non ha riscontro in altre popolazioni, nonché per il fumo e l’alcol. Brutte

abitudini comportamentali che generano malattie croniche di significativo impatto nelle

condizioni vitali dei cittadini (ipertensione, patologie cardio-circolatorie, diabete e cancro).

Una particolare attenzione dovrà essere assicurata ai vaccini e alla campagne di screening

funzionali alle diagnosi precoci dei tumori e ai loro tempestivi trattamenti, divenuti sempre

più efficaci. Il tutto impegnando, all’interno del Recovery Act del 2009, un miliardo di

dollari.

Da tutto questo, si evince l’insieme organico che caratterizza la proposta di riforma

elaborata dal presidente Obama che, piacente o nolente, rivede l’attuale organizzazione

sanitaria, sì da farla erigere a sistema funzionale, da condividere quanto a certezza dei diritti.

Esso fonda le sue radici su una serie di innovazioni, che lo stesso progetto riassume in otto

principi generali, caratterizzanti l’individuato sistema globale:

1) l’esercizio della libera scelta del cittadino da esercitarsi, tra le diverse opzioni

garantite dall’intervento pubblico che sovraintende, nella selezione del proprio piano sanitario

e medico (Guarantee choice);

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2) l’ottimizzazione dei costi, necessaria ad evitare frodi e, comunque, ogni forma

di spreco, appesantiti da una eccessiva e ingombrante burocrazia. Essa dovrà riguardare,

prioritariamente, l’eliminazione di tutti quei passaggi inutili, non solo amministrativi, che

determinano ritardi nella definizione dei rimborsi/pagamenti e discrasie nel reale

funzionamento dei servizi mirati alla tutela della salute (Make health coverage affordable);

3) la certezza per le famiglie di potere essere accompagnate e assistite

efficacemente nell’evolversi delle patologie gravi e/o croniche che affliggono i loro

componenti, senza incorrere nei pericoli di trovarsi sul lastrico per sostenere spese per cure

non altrimenti esigibili (Protect families’ financial health);

4) il massiccio investimento sulla prevenzione e sul benessere reale che, come

detto, costituiscono le colonne portanti su cui si fonda la sanità pubblica, in termini di drastica

riduzione dell’insorgenza di molte malattie e dei costi caratteristici che l’affliggono (Invest in

prevention and wellness);

5) la garanzia per ogni americano di potere, comunque, sopportare i costi relativi

alla copertura sanitaria, indipendentemente dalle proprie condizioni lavorative, ovvero di

potere mantenere in vita i contratti assicurativi alle condizioni godute, indipendentemente

dall’aggravarsi delle sue condizioni di salute (Provide portability of coverage);

6) l’universalità delle prestazioni, come obiettivo da conseguire, da rendere

esigibili a tutti gli americani, ovunque residenti (Aim for universality);

7) il miglioramento del sistema delle garanzie e della sicurezza degli utenti,

nonché della qualità dell’assistenza salutare da realizzare attraverso il concepimento del piano

sanitario personale, che deve essere garante dell’attualizzazione periodica delle prestazioni,

man mano che queste vengano migliorate dalle nuove tecnologie e metodologie applicative,

della costanza delle cure, anche nell’ipotesi di sopravvenienza di terapie più costose, e della

privacy (Improve patient safety and quality care);

8) il mantenimento nel tempo delle disponibilità pubbliche per la sostenibilità del

sistema in godimento, sì da rendere continua e a tempo indeterminato la portata delle

prestazioni necessarie in favore del titolare del piano sanitario e medico (Maintain long-term

fiscal sustainability).

Insomma, un sistema che assicuri l’efficacia del risultato salutare, da conseguire

attraverso la qualità delle prestazioni e l’appropriatezza dei trattamenti, e l’efficienza assoluta

del sistema, da perseguire nel corretto rapporto funzionamento/finanziamento, quindi

produttivo anche di una ragionevole economicità. Dunque, una rinnovata organizzazione

sanitaria che garantisca a tutti gli americani prestazioni di qualità uniformi e universali, più

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esattamente “la cosa giusta al momento giusto nel modo giusto per la persona giusta e con i

migliori risultati possibili”16.

Per realizzare tutto questo è stato previsto un impegno finanziario, a carico del

sistema federale (fondo di riserva), di 630 miliardi di dollari spalmati in un decennio. Un

importo, questo, riconosciuto tuttavia insufficiente per coprire integralmente i relativi costi di

riforma. Di conseguenza, per il suo buon esito viene dato per scontato, nella medesima

proposta, un successivo maggiore impegno finanziario, non escludendo un omologo

intervento partecipativo a carico delle economie dei vari Stati.

Le risorse necessarie ad assicurare l’entità di un siffatto fondo di riserva dovranno

essere garantite da due generi di misure: una fiscale, nel senso che una gran parte delle

disponibilità perverranno da un maggiore prelievo erariale sui redditi elevati, attestati tra i 350

mila e il milione di dollari all’anno; un’altra, di razionalizzazione della spesa che dovrebbe

realizzare risparmi gestionali supplementari, pari a circa un terzo del costo previsto nel

decennio (313 mld su 950 mld di dollari che rappresenta il totale dell’intero costo

programmato). Il tutto all’insegna di dovere irrimediabilmente insinuare nel sistema alcuni

principi ispiratori fondamentali, quali: l’efficienza, la responsabilità condivisa e sanzionata,

nell’ipotesi di colpevole non raggiungimento del risultato, l’incentivazione premiale, infine,

in favore di chi, invece, lo consegue, sia in termini economici che di qualità delle prestazioni

rese.

5. Le improprie resistenze

A fronte di tutto questo, sono notevoli le resistenze della politica, soprattutto

repubblicana, ma anche democratica17, con il capitalismo sanitario, dai mezzi finanziari

illimitati, che manovra dietro le quinte18. Esse fondano le loro ragioni su argomentazioni

varie, molte poco plausibili sotto il profilo strettamente tecnico. Le più preoccupanti

sembrano essere quelle, urlate dai repubblicani, che tendono a riportare il confronto politico

sul sinonimo maggiore sanità pubblica uguale a socialismo19. Tutto questo si traduce, nella

buona sostanza, in un rifiuto indotto da parte dei cittadini degli Usa ad accettare il concetto di

“sanità pubblica”, consolidatosi da numerosi decenni in tutta Europa20Un tema, questo, che

tocca la suscettibilità politica degli statunitensi, portati a difendersi e a proteggersi da

qualsiasi cosa che possa, anche vagamente, ricordare una siffatta ideologia. Con ciò viene a

realizzarsi, nel caso di specie, un grave errore di ipotesi che costerà moltissimo in termini di

portata dell’assistenza sanitaria, vista come diritto fondamentale da esigere. D’altronde,

l’esperienza europea, specie da parte di quei Paesi che hanno fondato la loro organizzazione

salutare sul preminente ruolo dello Stato (esempio: Gran Bretagna e Italia), produce oggi la

migliore assistenza sanitaria diffusa del Globo, intendendo per tale la garanzia terapeutica

globale e universale, ovunque e per chiunque ivi risieda21.

6. Il discorso del Presidente al Congresso Usa22

L’iniziativa di Barack Obama ha rappresentato un grande gesto di coraggio, ma

soprattutto di responsabilità politica nei confronti di tutta la nazione. Davanti ai due consessi

originariamente divisi nei convincimenti, anche per parte democratica - la Camera

indisponibile, per iniziativa della portavoce Nancy Pelosi, a rinunciare alla opzione del “polo

pubblico”, concorrenziale a quello privato, e il Senato, per voce del capogruppo del partito

democratico, Harry Reid, contrario all’anzidetta soluzione ma pronto ad accettare un

compromesso capace di accontentare i diversi interessi pubblico/imprenditoriali -, il

Presidente è stato chiaro e determinato nell’esporre la sua idea di sanità statunitense. Lo

stesso, infatti, seppure tenendo conto dei cinque progetti di legge elaborati in seno al

Congresso, ha precisato la sua predilezione per la opzione pubblica, quale scelta alternativo concorrenziale

alla egemonia delle assicurazioni private. Quella scelta che i repubblicani

hanno, da subito, definito una soluzione di chiara ideologia socialista, quindi contrapposta alla

tutela del mercato, strumentalizzata nella campagna d’informazione ancora in atto nel Paese

da parte dell’opposizione politica.

Con questo, tuttavia, Barack Obama non ha inteso chiudere gli spazi di trattativa

politica all’interno della discussione congressuale, tutt’altro. Nella parte conclusiva del suo

intervento al parlamento americano riunito ha, infatti, offerto la disponibilità per una

soluzione politicamente mediata, quasi il consolidarsi di un compromesso tra i sogni del

Presidente, ai quali lo stesso non intende comunque rinunciare, e gli interessi protetti delle

grandi assicurazioni private, ivi ampiamente rappresentati.

Si è, quindi, giunti, nelle idee dello staff democratico - coordinato dal presidente della

commissione finanze del Senato, Max Baucus -, a predisporre un progetto di legge, inteso a

soddisfare i bisogni assistenziali e i problemi di contenimento economico prospettate da

Obama, all’indomani della sua elezione. Esigenze, queste, che dovrebbero esse soddisfatte,

con un provvedimento legislativo da approvare entro fine d’anno:

- quanto ad organizzazione strutturale, ad un sistema improntato a sgretolare la quasi

esclusività assistenziale garantita dalla filiera assicurativa privata, per tutte le fasce di

età e di reddito escluse, rispettivamente, dai programmi Medicare e Medicaid,

quest’ultimo allargato anche alle ricchezze medio-basse precedentemente interdette23.

Un obiettivo non più energicamente perseguito attraverso la creazione di un polo

pubblico istituzionalizzato, imprenditorialmente contrapposto a quello delle grandi

compagnie assicurative, bensì da conseguirsi attraverso l’attiva partecipazione al

mercato specifico delle cooperative non profit, inizialmente collaborate da

sovvenzioni pubbliche, al fine di rendere più economicamente accessibile ai più la

conclusione delle polizze relative. Un modo, questo, per realizzare una massima parte

delle aspettative che l’originaria proposta di Barack Obama presumeva di

concretizzare attraverso un sistema pubblico imperniato su una società assicurativa

federale, da rendere concorrente nell’attuale offerta salutare24;

- in riferimento alle risorse necessarie a finanziare le variazioni apportate, oltre a quelle

più organicamente insediate nel funzionamento ordinario del rinnovato sistema e alla

quali si è già fatto, ancorché minimamente, cenno, sono state individuate, tra l’altro,

alcune fonti di maggior prelievo erariale, più esattamente nei confronti delle stesse

compagnie di assicurazioni (6 mld USD all’anno), dei costruttori di apparecchiature

medicali (4 mld USD annui), delle industrie farmaceutiche (2,3 mld USD per anno) e

delle strutture imprenditoriali che si occupano di diagnosi strumentali e di laboratorio

(750 mln USD all’anno)25.

In merito alle anzidette previsioni, che – proprio perché ampiamente e

minuziosamente diffuse dai collaboratori del Presidente – possono essere considerate

affidabili, sembra essersi formato un nuovo consenso, forse politicamente più esteso rispetto a

quello che assisteva la proposta nelle settimane antecedenti alla “esibizione” oratoria di

Barack Obama al Congresso. Ciò per due ordini di motivi: il primo, spaventa meno gli

americani sul supposto peggioramento delle condizioni qualitative dell’assistenza e

sull’ampliamento del deficit economico del Paese26; il secondo, convince di più i tecnici, sia

sotto il profilo strettamente sanitario, per il suo universalismo, che economico-fiscale, in

quanto graverebbe sulle economie private che si sono maggiormente arricchite nella attuale

versione del sistema, senza produrre, quindi, alcun aggravio per il tesoro pubblico. Due

certezze pretese dal Presidente Obama, senza le quali lo stesso ha dichiarato di porre il veto a

qualsivoglia provvedimento che non preveda di realizzarle concretamente