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BOMBE SU  SETTEFRATI  

 

Passo` qualche settimana mia madre e mia zia si occupava di Livia che cresceva normalmente.

La notte quando Livia piangeva mia madre si alzava anche lei  per assistere come poteva. Nonna si occupava del resto.

Il giorno del 15 dicembre 1943 mia nonna si alzo` piu presto del solito. Alcuni passanti le avevano riferito che a Vico la sua casa di campagna era stata occupata dai soldati tedeschi I quali avevano tagliato molti alberi da frutta per fare il fuoco e, peggio ancora, avevano sistemato il cannone dell’antiaerea di fronte al grande portone. Lei si era inviperita, disturbata, arrabbiata. Si aggirava per la casa mormorando tra se`:”chi sono questi tedeschi e chi credono di essere? Come si permettono di mettere piedi in casa sua! glielo  faceva vedere lei!

Io la guardavo con un po` di sospetto, l’avevo sentita  anche prima parlare sola, ma questa volta era diverso c’era un insolito tono nella sua voce un tono che a me faceva un po` paura.

Si preparo`, aveva indossato il vestito del costume locale, gonna lunga con busto, la camicia bianca, lo zinale nero. Mise le cioce, prese un po` di pane e companatico lo avvolse in una salvietta si butto lo scialle sulle spalle e si avvio` sicura e determinata verso Vico.  Poco dopo mia madre prese un canestro di panni da lavare e anche lei usci verso la sorgente d’acqua tiepida alla Canala.

 Erano quasi le 11:30,  Livia dormiva nella culla vicino al focolare, zia Tina preparava il pranzo ed io giocavo. Da lontano si senti` il rombo degli aerei bombardieri,ormai era diventato un avvenimento giornaliero il continuo susseguirsi di rombi che solcavano i nostri cieli. D’un tratto dalla formazione aerea si staccarono nove Spitfires e puntarono diretti sul paese facendo cadere bombe dappertutto che scoppiarono con enorme fragore. Rispose la contraerea tedesca tuono` da valli e montagne. La prima bomba cadde sull’asilo infantile. L’asilo era locato a poca distanza da noi, dalla finestra della cucina si vedeva in intero. Lo scoppio delle bombe fece tremare tutta la nostra casa, I vetri delle finestre e balconi andarono in frantumi e volavano attraverso le stanze come schegge, anche le schegge di bombe entravano in casa sibilando e si frantumavano sui muri con fischi  e frastuoni assordanti. La zia rimase immobile in stato di shock mentre io corsi a ripararmi sotto la scala, Livia dormiva beata. Zia si riprese subito, prese in  braccio Livia, mi afferro` per un braccio e ci porto` al riparo sotto le scale che davano alla terrazza. Non so per quale motivo scelse quel posto per ricovero, forse era l’unico posto dove non c’erano ne`finestre ne` balconi. Qualcosa di enorme si abbatte` sulla terrazza a poca distanza da dove eravamo sedute producendo un fragore assordante. La piccola Livia si sveglio` piangendo. io mi ero aggrappata alla gonna di zia e singhiozzavo. Piangevo e chiamavo mia madre, volevo solo mia madre. Povera zia non sapeva come confortarmi  mi stringeva a se`insieme a Livia ma non ci facevo caso, io volevo mamma mia. Il bombardamento duro solo pochi minuti, il danno che inflisse al paese fu enorme, il terrore del popolo fu totale. Come per miracolo le suore del Preziossimo Sangue, come pure l’insegnante Giuseppe Terenzio uscirono illesi  dalle macerie della scuola crollata, coperti di calcina e polvere. Rimase ferita la piccola  Gina Fabrizio che abitava vicino alla scuola. Un altra bomba tolse la vita a una giovane madre e feri mortalmente la figliuola che spiro’poche ore dopo. Una colonna di fumo acre e nero saliva in alto e avvolgeva tutto il paese. La gente usciva gridando dalle case e correvano senza meta cercando di allontanarsi dal pericolo che li circondava.

Poi tutto fu silenzio. Una calma quasi snervante come se si aspettasse qualcosa di peggio. Noi uscimmo dal nostro nascondiglio. Scendemmo giu` camminando con cautela per non inciampare nelle schegge,nei  rottami in cui  era ridotta la nostra bella casetta. Zia si guardo` intorno incredula, aveva gli occhi pieni di lacrime, mi guardo` e con immensa tristezza  disse: “Delia cosa facciamo?” Cosa le potevo dire ero ancora terrorizzata e tremavo come una foglia.

Ci scosse all’inconfondibile scalpitio degli zoccoli di cavallo sul selciato della  piazza. sapevamo chi si avvicinava. corsi all’uscio e lo vidi, alto forte sul suo cavallo l’indomabile  zio Michelangelo. Vestito con l’uniforme da guardaboschi, sedeva eretto sul cavallo, a me sembrava  un generale . Arrivo` alla piazzetta di casa ,smonto`e senza nemmeno curarsi di legare il cavallo alla ringhiera corse verso di me, io con le mani tese andavo verso di lui e chiamavo zizi. Lui mi strinse a se e disse:“ ma siete vivi? Ci siete tutti?” Apparve su l’uscio anche zia Tina con Livia, al vederci tutti zio, il forte , l’indomabile, il duro scoppiò in singhiozzi. Aveva visto il   bombardamento dalla cima di un colle dove si trovava ,aveva visto il paese avvolto in fumo  ed aveva pensato il peggio. Era corso subito da noi a gran suo rischio. Ora ci esortava ansiosamente : “ andiamo! Subito”diceva , qui ora e ` troppo pericoloso.” Poi entro' in casa, si guardo` attorno attonito nel vedere come era ridotta la nostra bella casa in pochi minuti di bombardamento. Lui e zia afferrarono qualcosa di necessario per portarlo con noi e lo avvolsero in una salvietta ,poi visto che zia indugiava le si rivolse ansioso :”andiamo muoviti qui torneranno a bombardare “. Poi prese Livia in braccio a me per la mano e ci avviammo a piedi verso l’uscita del paese.

Salimmo il trattoio che portava a Canari, arrivammo ad una stalla, zio apri` la porta e disse che saremmo state al sicuro li. Ci guardammo attorno, era una stalla dove i pastori rinchiudevano  il gregge la sera. Era vuota ora ma la puzza del bestiame si sentiva forte. Zia guardo` con occhi supplicanti mio zio e scoppiò a piangere. Lui la fisso` e disse : Titi`(cosi la chiamavano i parenti) questi non sono tempi di fare la bambina  devi essere forte: per ora starete bene qui poi si vedra`, ora devo andare a vedere  dove sono mia madre  e Triestina.” Si volto`e si avviò a grandi passi  verso il fossato di Canari e spari dalla vista. . 

 

DELIA SOCCI SKIDMORE