LA FESTA DEL CANNETO
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Il vecchio fiume Melfa scorreva placido e veloce tra i sassi. L’acqua scorreva e dove si infrangeva formava piccole onde spumeggianti.
Alle sponde, al mattino, dopo il lungo cammino, sedevano graziose pellegrine a ripettinarsi le lunghe trecce scure al riflesso dell’acqua pura.
I lunghi capelli pendevano sulle spalle lisci e lucenti. Poi prendevano un ciuffo di capelli e lavorando espertamente con le dita riannodavano le trecce stupende. Le ripiegavano oppure le passavano ai lati sul capo unendole sulla nuca facevano corona al viso. Tutte le ragazze quando facevano questa opera si pavoneggiavano ondeggiavano le trecce maliziose. Non guardavano mai direttamente nessuno ma erano sicure e consapevole che i ragazzi da lontano le ammiravano.
Finita l’opera si alzavano, davano un ultima occhiata, si riallacciavano il vestito o costume, mettevano le mani insieme a coppa, prendevano l’acqua e la bevevano. Poi sorridendo tornavano a preparare per il pranzo.
Quante volte mi son seduta anche io con le mie amiche a pettinarmi e specchiarmi nel Melfa. Quante volte ci siamo curvate scrutando l’acqua In cerca delle fatidiche “ stellucce d’oro”. E quante volte ci siamo dissetate all’acqua gelida del fiume.
Sento prendermi dall’emozione e da una vaga nostalgia ripensando a quei lontani giorni fatti di innocenza e semplicita.` Rivedo l’immensita` del cielo azzurro, il verde bosco sparso ,il fiume bianco scorrere placido.
Ripenso alle amiche anche loro sparse nel mondo: Inghilterra,Francia, Americhe, citta`italiane lontane dal paese. Siamo partite per terre lontane sconosciute. Alcune sole, verso un altro paese, dove le attendevano gente mai conosciuta.
Emozioni dolce amare di una vita passata che non ritornera`mai. Ma resteranno sempre i ricordi, ricordi tutti miei.
Ai margini del prato e al riparo degli scogli si preparavano i pasti. Il fuoco ardeva sotto i paioli bollenti. La tovaglia sparsa al suolo imbandita come se fosse sul tavolo a casa. Gli uomini gia' seduti attorno mangiavano gli assaggini di ciambelle e altri dolci con l’immancabile bicchiere di vino. le bottiglie di vino gia` rinfrescate all’acqua gelida del fiume.
Il vassoio di maccheroni cosparso di formaggio appariva come magico e si deponeva in mezzo alla tavola d’erba verde. Si mangiava con appetito e allegria. Tra una portata e l’altra I parenti raccontavano storie della gioventu’ che inesorabilmente passava senza ritorno come l’acqua del Melfa.
Gli anziani ricordavano quando giovani venivano a raccogliere la legna per il fuoco. Puntavano verso il punto preciso dove avevano abbattuto alberi e quante “taccarelle” avevano raccolte. Chi aveva l’asinello legava la soma di legna sulla groppa dell’animale. chi non aveva l’asino la portava cautamente sul capo risalendo gli antichi sentieri .
Gli uomini di mezza eta`rievocavano i giorni di caccia e come quel preciso giorno della settimana a quella precisa data e ora avevo sparato a non di meno di quattro lepri, starne e pernici. Io non avevo niente per contribuire alla conversazione, ascoltavo soltanto pensando chissa se`era tutto vero quel che raccontavano. A me non interessavano le storie, avevo fretta di farli finire cosi potevo allontanarmi a fare passeggiate insieme alle amiche.
Insieme andavamo ad esplorare il bosco, salendo sentieri e pendii arrampicandoci su irti scogli agili e leggere come scoiattoli.
Ci piaceva anche attraversare il fiume da una sponda all’altra per la passeggiata al prato. Attraversavamo il fiume due o tre insieme. Andavamo bene fino che arrivavamo nel mezzo del fiume dove l’acqua scorreva rapida.
Invariabilmente una di noi scivolava e per non cadere si aggrappava alla piu` vicina e finivano ambedue nell’acqua gelida. Oppure uno dei maschietti impertinenti gettava un sasso nell’acqua che ci spruzzava addosso.
Di un modo o nell’altro finivamo sempre inzuppate.
Ora avevamo un problema, bagnate cosi non potevamo certo tornare all’altro lato dove avevamo lasciato i parenti i quali ci avevano ammoniti di non attraversare il fiume. Ma siccome noi credevamo di saperla meglio dei nostri genitori e nonni non certo stavamo a sentire le raccomandazioni che erano sempre l’opposto di quel che volevamo fare.
L’eterna lotta di resistenza alla autorita`dei genitori e il nostro desiderio dell’eta`adoloscente di stabilire la nostra indipendenza e autonomia.
Per ora il problema era di sederci sotto il sole cocente per asciugare gli abiti prima di ritornare .E lo dovevamo fare senza farci vedere. Ma come si puo` nascondere una ragazza con i vestiti bagnati sparsa al sole?
Verso il tardo pomeriggio, quando radunata tutta la roba e ricaricato l’asinello
andavamo a dare un ultimo saluto a Maria per poi ripartire all’imbrunire.
Ora stanchi dalla lunga giornata tornavamo a rifare il percorso indietro che si presentava molto piu` arduo del mattino.
Delia Socci Skidmore