LA FESTA DEL CANNETO
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PREPARATIONS
The weeks before the festival we lived in an atmosphere of anticipation and expectations.
That festival was the biggest celebration of the entire year and we girls fantasized about the five days full of feasts, rituals, processions and music performed in the square. We would have had much more freedom to go out and show off our new clothes, that is, if our mothers could afford to buy us some. But, either way, this could not prevent us from dreaming about a new dress and each of us could think that hers was the most beautiful dress of all among our friends.
Each week before the festival, a little truck full of fabrics came to Settefrati.
The owner started to show the bolts of fabric and we crowded around himto pick out the most beautiful one for a new dress. We wanted to see all of the types and all the colors. Each of us chose our own. Then we went home to beg our mothers to spend the money that they did not have. I did not even have to move from the truck; my mother was watching everything from her window. I would make a sign with my hand to indicate the fabric I had chosen for the dress; she looked at me, but she did not move. After a while, a little disappointed and sad, I went upstairs, hoping that the following week a miracle would take place and that my mother would buy the fabric I so desperately desired. I remember one year when I was a little older, maybe 13. Finally my mother moved and came down to San Settefrati to see what fabric I wanted.
Then she called the dressmaker to see how much it would cost to have a dress made for me. The dressmaker looked me up and down and then plotted with my mother. They picked among the various styles and patterns and colors (the ones I had chosen were of no account), and then they decided. The dressmaker said that for that style, she needed many meters of fabric. The styles were almost all the same: a bell or pleated skirt and a tight bodice.
My mother looked like she agreed. Then she informed the dressmaker that she would buy a little less fabric to save some money. The protests of the dressmaker were useless. My mother was sure that the dress could have been made with half a meter of fabric less even.
I have never been able to understand if the dresses were tight because there was not enough fabric or if I had grown. I did not dare to ask for new shoes to match too. If they were able to afford it, my parents would have gone to the market and would have bought me a nice pair of shoes, according to their tastes. But who cared about the style? They were new and that was enough. Actually, I was one of the lucky ones, because I often got new dresses and shoes, even if my mother left me longing for them and kept me waiting when she knew very well that I would have settled for just the new dress.
Our anticipation, our expectations and the desire for new things had little or nothing to do with the religious nature of the festival.
The day before, which was August 17th, was a day spent in preparation for the great day following. We had to prepare the food, the utensils and all we needed for the picnic at Prato di Mezzo, which was adjacent to the Church in Canneto. The people from the village who wanted to celebrate the festival hurried to put on the finishing touches to the decorations in the village: the lights, the stage for the band and the grand fountain, which was cleaned up for the occasion and from which water would shoot up, high and foamy, then spray beautifully down.
The housewives had turned on their ovens to prepare cakes, cookies and fresh bread. My friend and I were in charge of beating the eggs for the sponge cake; it was a delicious cake that was only made on important holidays.
None of us admitted it, but we all knew that while we were beating the eggs, we would all surreptitiously taste the dough with our fingers.
My mother and my grandmother took care of turning on the oven and made sure it reached the right temperature for the cake. It was a procedure that only the experts could perform, because only they knew exactly when the oven was ready to bake the very delicate cake.
Then us girls went around the village to see what our other friends who helping the other housewives were making. The following day, we would walk along the path early in the morning, even before dawn; the other people would come after the procession.
Also the day before the festival, around sunset, the bells rang to announce the occasion. The sound of the bells resonated throughout the Valley. Farmers and shepherds hurried to get back home; the following day the “la festa Cannite” started. For us, it was the signal to stop playing and go home immediately to prepare our baskets with all of what was needed for the following day.
Delia Socci Skidmore
Delia Socci Skidmore
I PREPARATIVI
Le settimane prima della festa si viveva un aria di ansieta`e aspettative.
La festa era la piu` grande celebrazione di tutto l’anno e noi ragazze immaginavamo cinque giorni di feste riti, processioni e musica in piazza. Avremmo avuta piu liberta` di uscire e sfoggiare i nostri nuovi vestiti, ammesso che le mamme avebbrero potuto comprarli. Ma questo non ci impediva di sognare un bel vestito nuovo ed ognuna di noi avrebbe pensato che il suo era il piu bello tra le amiche.
Ogni settimana prima delle feste veniva il camioncino pieno di stoffe e si fermava a San Settefrati.
Il padrone metteva in mostra i pacchi di stoffa e noi ci affollavamo attorno per scegliere la piu` bella per il vestito nuovo. Le volevamo vedere tutte e di tutti colori. Sceglievamo ognuno la nostra. Poi andavamo a casa a pregare la mamma di spendere i soldi che non aveva. Io non dovevo andare lontano anzi non dovevo nememno muovermi da vicino il camion, mia madre affacciata alla finestra aveva osservato tutto. Le facevo un segno con la mano per indicarle che avevo scelta la stoffa per il vestito, lei guardava ma non si muoveva. Dopo un po`delusa e triste risalivo su a casa sperando che la settimana prossima avvenisse il miracolo e mamma comprava al stoffa che volevo io. Ricordo un anno ero grandicella forse 13 anni. Finalmente mia madre si mosse e venne giu` a San Settefrati a vedere quale stoffa volevo.
Poi chiamo` la sarta per vedere quando occorreva per farmi il vestito.
La sarta mi gurdava su e giu` complottava con mia madre sceglievano il modello e il colore ( quello che avevo scelto io non contava) e poi si decideva. La sarta diceva che per quel modello ci volevano tanti metri. I modelli erano sempre quasi tutti gli stessi. Gonna a campana o a pieghe e corpino aderente.
Mia madre sembrava che acconsentisse. Poi informava la sarta che lei avrebbe comprato un po`meno stoffa per risparmiare. Le proteste della sarta non servivano a nulla. Mamma era sicura che il vestino veniva fuori anche con mezzo metro di stoffa di meno.
Non ho mai capito se i vestiti erano stretti perche la stoffa non bastava o se ero io che crescevo. Non osavo chiedere anche le scarpe nuove . Se era possible mia madre e mio padre sarebbero andati al mercato e mi avrebbero comprato un bel paio di scarpe nuovo di loro gusto. Ma che importava lo stile? erano nuove e bastava. Anzi io ero una delle fortunate spesso avevo scarpe e vestito nuovo anche se mia madre mi faceva spasimare e mi teneva in sospeso quando sapeva benissimo che avrei avuto almeno il vestito nuovo.
La nostra ansieta`gli aspettativi il desiderio di nuove cose aveva poco o niente a che fare con la religiosita`della festa.
Il giorno prima cioe` il 17 Agosto era giornata impegnatissima in preparazione del grande giorno seguente. Si dovevano preparare i cibi gli utensili e tutto l’occorrente necessario per la scampagnata a Prato di Mezzo adiacente alla chiesa su a Canneto. I festaioli del paese si affrettavano a dare gli ultimi tocchi alle decorazioni del paese: l’illuminazione ,il palco per la banda e il fontanone che per l’occasione veniva ripulito e l’acqua sarebbe sgorgata con un zampillo alto e spumoso che spruzzava tutto intorno.
Le massaie avevavo acceso i forni preparando torte ,biscotti pizze e pane fresco. Io, come le amiche avevamo il compito di battere le uova per la torta di Pan di Spagna. Il Pan di Spagna era una torta gustosissima e si faceva solo alle feste ricordevoli.
Nessuno di noi lo ammetteva ma tutti sapevamo che mentre sbattevamo le uova intingevamo il dito nella pastella per assaggiare.
Mamma e nonna si occupavano di accendere il forno e farlo riscaldare con l’esatta temperatura per la torta. Era un procedimento che potevano fare solo gli esperti che sapevano esattamente quando il forno sarebbe stato pronto per infornare la torta tanto delicata.
Poi noi ragazze facevamo il giro del paese per vedere cosa preparavano le altre massaie amiche nostre. Il giorno dopo saremmo salito il lungo sentiero di buon mattino anche prima dell’alba, altri dopo appresso alla Processione.
Sempre il giorno prima verso l’imbrunire suonavano le campane a distesa per annunciare la festa . Il rintocco delle campane echeggiava per tutta la Valle . Contadini e pastori, si affrettavano a tornare a casa, domani cominciavano “ le fest e Cannite”
Per noi era il segnale di smettere di giocare e tornare subito a casa per preparare la cesta di rifornimenti per il giono dopo.