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FUGA NELLA NOTTE
Quella famosa notte ci avviammo nell’oscurità a discendere a valle verso Canneto e Prato di Mezzo. Una delle famiglie aveva un asinello, una incomparabile ricchezza e comodita` per chi come noi aveva poco piu`degli stracci che avevamo addosso. Intanto il cannone rombava e il sibilare dei proiettili arrivava fino a noi. Si doveva fare presto il pericolo sempre presente, si avvicinava sempre più`. Fu deciso di avvolgere gli zoccoli dell’asino con cenci per non far rumore e metterci tutti in pericolo se i soldati accampati per la zona ci avrebbero sentiti. Raccogliemmo tutte le nostre ricchezze , qualche logoro scialle e coperte bucherellate. Una pagnotta di pane fu avvolta in un panno e consegnato a qualcuno che la avrebbe protetta gelosamente e portata fino a valle. Un altra famiglia aveva fin allora nascosto sotto il pagliericcio una lattina di olio e una di vino. Anche queste ricchezze più`di ogni prezioso gioiello d’oro ma sopratutto indispensabile per il sopravvivere delle famiglie.
Le lattine furono legate in groppa all’asino. Mia nonna Rosa portava anche lei un cesto con qualche comodo che avevamo. Infilo` il braccio nella manica, si copri` capo e spalle con il vecchio scialle che aveva sempre addosso prese me per la mano e ci avviammo in fila l’uno dopo l’altro.
Alcune donne avevano salvate canestri di vimini , le riempivano di quel poco che avevano, le mettevano in testa e le portavano facilmente senza reggere. Altre adagiavano i bambini nella cesta portandoli anche loro in testa. Iniziammo la discesa a valle, tra neve gelo e vento, su per irti sentieri e giu` per ripide discese: io avevo appena cinque anni.
Camminavamo piano, in silenzio nessuno osava dire parola
sola io piangevo dal terrore delle contraerei che sparavano di continuo da un monte all’altro.
Mamma Rosa per non farmi piangere mi disse di camminare, tra l’asino e la parete della montagna. Mi disse
che anche se arrivava qualche colpo l’asinello mi avrebbe salvata. Smisi per pochi minuti poi ricominciai a piangere piu`di prima. Allora mi disse che se piangevo i soldati mi avrebbero sentita e sicuramente ci avrebbero sparato. Poi prese la Corona del Rosario che aveva sempre in tasca e a bassa voce come un sommesso sussurro inizio` il Santo Rosario. Smisi di piangere e rispondevo a bassa voce “ cosi sia”.
Poco dopo una cannonata scoppio` vicino a noi fragorosamente
e il bagliore illumino`tutto il sentiero dove eravamo. L’asinello salto`e diete calci e le preziose lattine di olio e vino che portava rotolarono giu`per il dirupo perdute per sempre.
Ora piu` spaventata di prima volevo piangere e strillare. Nonna se ne accorse e mise l’indice sulle labbra e fece shhhhhhhh.
Misi un dito tra i denti lo morsi ma non piansi e continuai il cammino con gli altri.
Quando arrivammo a Canneto spuntava l’alba. Era una giornata fredda e il sole splendeva. Mamma, che non avevo vista durante il pauroso tragitto, si fermo` vicino ad un sasso, prese il fagotto
che portava in testa e lo poggio` per terra, si sedette e mi tiro`a se`. Mi rifugiai tra le braccia di mia madre e sentii il suo dolce affetto materno, sorrisi e dissi “Ma`.” Ad alta voce. Finalmente potevo parlare normalmente. Faceva freddo e mia madre prese le mie mani per riscaldarmele tra le sue e vide che le mie dita grondavano sangue. Per non piangere durante il cammino notturno avevo morso la punta delle dita e pendevano dalla pelle ma io non avevo sentito dolore. Il viso di mia madre gia` stanco divenne pallido e immensamente triste. Mi tiro` di nuovo a se`mi reggeva le mani e si fece dire come era successo. Frugo`nel fagotto ,prese un fazzoletto e fascio` le mie mani. Mamma si alzo`ci riunimmo con gli altri parenti andammo in cerca di un posticino ove sostare. La famosa pagnotta di pane avvolta nel panno non si seppe mai quale fine fece.La nostra famiglia si sistemo` entro una grotta al di la` del Santuario sotto un macigno che sporgeva dalla parete del monte . Restammo qualche giorno e con la tregua a me sembrava di aver trovata un po` di pace. Riuscii anche a dormire su un giaciglio di foglie accanto a mamma da un lato e mamma Rosa dall’altro. Mamma mi copri col suo scialle.
Ma il riposo duro`poco. Venne l’ordine dal commando tedesco di evacuare la zona. Dissero che la colonna di rifornimenti diretta al fronte sarebbe passata dove eravamo noi e molti altri sfollati e sarebbe stato pericoloso restare. Dovemmo ripartire e riprendemmo il nostro vagare con l’unico scopo di trovare un po`di pace e tregua in qualche posto sicuro e lontano dalla guerra che ci inseguiva ovunque.
Attraversammo campi minati e pieni di crateri dall’esplosione di bombe.
Non so per quale divino intervento nè una cannonata ,né una
bomba ci colpi. colpì.
DELIA SOCCI SKIDMORE