IL PADRE DI DELIA
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IO E MIO PADRE
Mio Padre era un uomo di bassa statura, ma di alta moralità . Aveva un carattere forte e sensibile e un cuore d’oro. Era un uomo onesto e rigoroso, poneva come valore assoluto al di sopra di tutto, rispetto e diritto per l'essere umano. Appariva in buona salute dopo lunghi anni in campo di concentramento. Dopo il suo tanto desiderato ritorno erano nate le mie due sorelle. Iole e Maria che erano la gioia della famiglia e la luce dei suoi occhi .
Mio padre come tanti uomini a quei tempi non era particolarmente religioso, ma credeva profondamente all’Essere Supremo. Devoto della Madonna di Canneto operava come poteva durante le feste ad onore della Madonna . Alberto , mio padre, era un uomo studioso e un avido lettore di letteratura classica e i grandi poeti non solo italiani . Aveva imparato a memoria tante famose poesie e brani della Divina Commedia e li aveva insegnati anche a sua madre. Mammarosa ripeteva a me alcuni brani orgogliosa di far sapere che lei anche senza un po` di scuola poteva citare Dante. Lo faceva con entusiasmo e trasporto accentuando le parole. Io allora non lo sapevo ma assorbivo gli insegnamenti di mio padre la sua passione per la lettura e lo studio. Quelle lezioni di vita mi hanno seguito fin ora. E se mi sono distinta in qualche particolare lo devo a mio padre. Da quando erano tornati mio padre e zio Paolo la nostra casa era diventata il punto di incontro per gli amici e parenti risuona di voci risa e allegria. Anche dopo essere stato assente per tanti anni i vecchi amici non lo avevano dimenticato e faceva nuove amicizie di ogni classe sociale , se si puo dire cosi in un piccolo paesetto.
Il sabato sera gli amici venivano a giocare a carte ma piu` venivano per ascoltare i suoi vivaci racconti di tutto quel che sapeva. Il suo spiccato senso umoristico catturava e manteneva l’attenzione di tutti i presenti.
Lui lo sapeva e allungava le sue spiritose storielle apposta per dilettare gli amici e se stesso. Alla fine scoppiavano tutti a ridere e poi qualcuno diceva sempre “ lo hai inventato tutto”. Lui rideva e negava, intanto riempiva i bicchieri a tutti i presenti. Il buon vino “ genuino” che ancora nonna faceva con l’uva dei nostri vigneti continuando una tradizione che durava da anni.
Io sedevo vicino al focolare con nonna e mia madre ad ascoltare attentamente. Ridevo anche io ma forse non avevo capito niente delle sue famose storielle. Quando cominciava a farsi tardi faceva un segno col capo indicando il piano di sopra . Era l’ora di andar a letto per noi mentre lui restava con gli amici. Riluttante andavo. Mi aveva sempre detto che prima di andare a dormire dovevo dare la buona notte a tutti uno la volta chiamandoli per nome. Io ero timida e arrossivo solo a pensarlo e correvo sulle scale con un frettoloso “ buona notte a tutti” . Lui mi richiamava e mi ordinava di fare quel che non potevo. Ma era mio padre e i genitori si ubbidivano. Allora tutta rossa in viso e con gli occhi chini davo la buona notte a tutti per nome.
Mia madre mi diceva sempre di obbedire a mio padre ma non sempre ci riuscivo. Ero cresciuta con mamma e nonna sapevo cosa fare per loro. Mio padre sembrava eccessivamente severo con me e i suoi ordini non sempre li accettavo. Il paese rinasceva dopo la distruzione della guerra e i paesani ricostruivano le case un po` la volta. Per il materiale dovevano andare a comprarlo fuori paese. Mio padre insieme a suo fratello acquistarono un vecchio camion per trasportare la merce e si rimisero in commercio come erano prima della guerra. Benchè essi facessero pagare pochissimo per il trasporto tanti paesani non avevano neanche quel poco. Si avviavano di buon mattino chi con l’asinello chi a piedi per andare al mercato ad Atina.
Ricordo sempre le donne in costume con le ciocie. Le lunghe gonne le tiravano su alla vita sotto la cinta del grembiule per accorciarle e facilitare il cammino. Ricordo ancora una delle donne portava sempre la falce ovunque andava. La metteva nel retro legata alla vita con la cinta dello zinale. Era una donnina piccola ma cosi con le cioce, la falce e il costume accorciato e passi svelti sembrava un gurriero.
A sera al ritorno riportavano le spese nei canestri e borse portati in testa con disinvoltura e facilita`. Altri avevano acquistato maialetti, polli, conigli. Li facevano camminare con loro per tutto il percorso del ritorno. Spesso gli animali si fermavano per strada e rifiutavano di continuare il lungo cammino. I padroni li incitavano, spingevano e tiravano ma gli animali non si muovevano. Allora passava mio padre con il camion gia` carico e rimorchiava animali e gente. Quando arrivava in piazza nessuno si meravigliava quando dal camion scendevano maialini, polli, conigli e anche asinelli e padroni.
Raramente tornava senza almeno prendere un operaio per strada che ritornava a casa dopo la giornata di lavoro. Un suo particolare amico, la loro amicizia ritornava ai tempi della loro gioventu`, quando lo riportava su’ lo portava fino all’uscio della casa e lui gli diceva sempre “ Albe` sei propriamente un cristianissimo” . Mio padre, Alberto, non ha mai dimenticato quella frase del vecchio amico.
Il camion era una novita` nel paese a quei tempi. Era sempre parcheggiato di fronte a casa. I ragazzi si raggruppavano attorno ad osservare con meraviglia. Toccavano , giravano attorno, stendevano il collo per vedere bene si curvavano per vedere cosa si nascondeva sotto e dietro le ruote.
Io con le amiche sedevamo nella cabina a fare le chiacchieratine. Era diventato il nostro punto d’incontro privato. Il camion era diventato utile a tutti.
Delia Socci Skidmore