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IN FUGA TRA I BOSCHI
Dopo il primo bombardamento del 15 dicembre 1943 la gente si era rifugiata nelle
capanne, negli antri ,nelle grotte fuori del paese.
Passammo la prima nottata nella stalla al freddo e al buio raggomitolati
attorno al focherello che pian piano si spegneva. Il rombo del cannone
continuò tutta la notte. Il giorno dopo approfittando di un pò di tregua mamma e
nonna insieme ad altri decisero di tornare in paese per dare un occhiata alle
case che avevano lasciate aperte il giorno prima durante e dopo il
bombardamento. Mamma ancora con i vestiti laceri addosso, la ferita al ginocchio
e senza scarpe faceva fatica a camminare..
All’entrata del paese furono fermati dalla pattuglia tedesca e perquisite. Non
so cosa credevano di trovare addosso a un gruppo di donne mal
ridotte e spaventatissime. Dopo un pò fu loro permesso di proseguire. La casa
nostra era aperta come l’avevano lasciata il giorno prima ma era occupata dal
comando tedesco. Lo ritenevano un punto strategico nel centro del paese e dalla
terrazza alta sovrastante il paese e la valle potevano osservare il movimento
delle truppe alleate. Alle due donne fu permesso di entrare a casa e prendersi
quel che potevano portare con loro. La mamma si prese un vestito e un nuovo paia
di scarpe. La nonna altra roba e anche qualche utensile di cucina. Sapeva bene
che non sarebbero ritornate in paese chissà per quanto tempo. Col loro
fardello ritornarono alla capanna.
Zio Fiorenzo, il padre di Livia, si era di nuovo rifugiato sulle montagne più
alte per sottrarsi alla cattura tedesca. Zio Michelangelo era stato precettato
dal Comando Tedesco come guida delle montagne e dei boschi. Sapevano che era
guardiaboschi e sapeva tutte le vie e i sentieri che conducevano su e giù tra
le montagne e nel fitto dei boschi. Rifiutare sarebbe stato morte istantanea. I
Tedeschi sapevano che nelle montagne e nel bosco si nascondevano giovani
fuggiaschi e anche soldati alleati rimasti separati dai loro reparti.Le nostre
montagne erano pieni di Inglesi,Neo- Zelandesi, Francesi , Italiani che
avevano abbandonato le loro unità e si nascondevano per evitare la cattura e
cercavano di passare il fronte militare e il confine attraversando le alte
montagne come il Monte Meta.
Il compito dello zio sarebbe stato di guidare le truppe tedesche alla ricerca
dei fuggiaschi, catturarli per poi mandarli a combattere al fronte o portare
rifornimenti. Lo zio sapeva, infatti, dove si trovavano e spesso durante la
notte si recava attraverso scorciatoie e irti sentieri che solo lui conosceva a
portare loro viveri e avvisarli di lasciare tutto e fuggire più lontano. Metteva
la sua vita a grande rischio ma sapeva che era suo dovere farlo,salvò tanti
poveri ragazzi infreddoliti, affamati e in pericolo. Non era l’unico, anche
altri paesani nascondevano soldati alleati nelle capanne e grotte e
condividevano con loro quel po’ che avevano. Purtroppo c’e anche una spia
inglese tra loro, ma solo pochissimi lo sapevano. Lo chiamavano Captain John
tutti credevano che era un semplice soldato rifugiato. Anche il regista Luchino
Visconti si era rifugiato a Settefrati come anche alti funzionari del Ministero
degli Esteri. Avevano sperato di sottrarsi al fronte attraversando il Monte
Meta. Non ci riuscirono.
Intanto il tempo andava peggiorando,bufere di neve e vento gelido si erano
abbattuti sulla zona per aumentare il disagio e sconforto per tutti.
Centinaia di aerei bombardieri solcavano il cielo tutti i giorni diretti verso
Cassino e Monte Cassino. Bombardavano di continuo la Val Comino, cadevano bombe
su paesi piccoli e grandi. Colonne di fumo nero salivano verso il cielo,
bruciavano Atina, Sora, Pontecorvo, Alvito, Veroli. Molte le vittime: non c’era
riparo dall’alto cadevano bombe, dal basso sparavano i cannoni. La popolazione
si riparava sempre più numerosa nelle montagne e boschi, ovunque trovassero un
nascondiglio lontano dalla guerra
DELIA SOCCI SKIDMORE