IO E MIO PADRE
A SCUOLA
Mio padre sorvegliava attentamente il mio progresso a scuola. Quando il maestro riportava che avevo fatto tutto bene, ma da me si aspettava meglio, prendevo sempre il rimprovero. Non riuscivo a capire la ragione per il rimprovero se la mia lezione era andata bene. Andare a scuola mi piaceva e un giorno sognavo di divenire insegnante anche io.
Quando finii la quinta elementare mi dispiacque, avrei voluto proseguire gli studi. Ma in paese si potevano frequentare solo fino alla quinta.
Mio padre intanto aveva gia` pensato al mio futuro e desiderava che io continuassi le scuole. Si era informato che potevo andare a Sora, stare nel convento con le suore e continuare almeno le scuole medie. Mamma si oppose con veemenza all’idea di avere me fuori casa. Del resto disse: a cosa vale la scuola superiore ad una ragazza? Delia deve imparare a fare la donna di casa. Questo sara`piu`utile e avrei avuta la migliore maestra, lei, mia madre. Era indiscutibile che mia madre era la perfetta donna di casa mamma e moglie. Lo dicevano tutti parenti e amici. Forse mia madre pensava a me come ad una continuazione di se stessa, un eredita` da tramandare nel futuro.
Intanto mio padre non aveva ceduto del tutto all’idea di darmi una istruzione. Parlo`col parroco del paese e il buon arciprete si prese la responsabilita` di farmi scuola privata. Il venerato parroco era un buon insegnate ed io una discreta studente. Ma non ando`bene. Qualche tempo dopo arrivo` al parroco un decreto dal Vescovo che proibiva di insegnare privatamente alle ragazze. Mio padre non si arrese, formo` una commissione dei capi del paese ed insieme si recarono dal Vescovo a presentare il caso in favore per me di continuare le lezioni. Il Vescovo fu inflessibile:la legge era uguale per tutti. Le mie lezioni furono sospese immediatamente
Ci rimasi molto male, divenni distratta e chiusa. Mio padre cerco`ancora di darmi lezioni private a casa. Ma io avevo perso interesse, ero svogliata e prendevo sempre rimproveri.
Delia Socci Skidmore