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 IO E MIO PADRE

 

 IL DIPLOMA,. FINALMENTE

 

Mio padre voleva dare a tutte le possibilità alle sue tre figlie: ora in America era possibile. Eravamo venuti da pochi mesi. La nostalgia della mamma e della famiglia rimasta indietro mi consumava, intanto facevo tutto il mio meglio per abituarmi ai nuovi costumi americani. Un sabato mattina poco tempo dopo che arrivammo eravamo tutti seduti a far colazione di uova e pancetta come era d’uso in America. Mio padre mi guardo` senza dire niente, poi si volto` a zia Giovannina e le disse di incaricarsi di trovare una scuola dove potevo studiare ed eventualmente frequentare il college. Era sempre stato suo desiderio di darmi una istruzione e un diploma da insegnante. Era sempre stato anche un mio sogno. Fare l’insegnante a quei tempi nei piccoli paesi era considerato un prestigio riservato ai figli dei pochi ricchi e professionisti del paese. Io amavo la scuola ed ero interessata a tutto cio`che offriva . Sono sempre stata curiosa di tutto, avida di sapere ,di conoscere e di approfondire quel po` che conoscevo. Zia lo guardo` un po` stupita e rispose che prima dovevo imparare l’inglese poi si sarebbe visto e aggiunse: “Delia e` venuta qui per lavorare, andra` alle scuole serali come tutti’. Sentii che mio padre si era irritato a quella risposta. Disse che io non dovevo sempre lavorare in una fabbrica  e ripete`che in qualche modo dovevo andare al college, a lavorare ci avrebbe pensato lui. Segui` uno scambio un po`teso tra fratello e sorella.  Zia insisteva, giustamente, che prima dovevo studiare la lingua poi si vedra`, intanto potevo continuare a lavorare . Io non dicevo nulla limitandomi a guardare prima l’uno poi l’altro, pero` pero` l’idea di mio padre mi piaceva moltissimo e speravo che frequentando la scuola serale sarei arrivata almeno a fare le superiori.

  Prima di sposarmi avevo frequentato la scuola serale e presi il diploma di scuole superiori.  Spesso pensavo alla promessa che avevo fatto a mio padre  che sarei andata al college come lui tanto desiderava. Ma ora rimaneva solo e sempre un sogno.  

Il tempo passava ed io impegnata come ero con la casa e la famiglia non avevo tempo di pensare o fare altro . I figli crescevano normalmente. Erano i primi nipoti ed erano la gioia di tutta la famiglia. Sentivano noi chiamare papa` e anche loro lo chiamavano papa`. Lui rideva divertito e orgoglioso e non perdeva mai una occasione di farli sentire ad amici e parenti. Spesso passavano il week- end dai miei genitori. Era un regalo per loro un evento speciale sia per i piccoli che per la famiglia. Quando erano con loro le mie sorelle li coccolavano, mia madre li nutriva e mio padre li portava al club. Papa`si faceva promettere che se facevano i bravi  li avrebbe portati al club. Loro facevano capricci, ma papa`non vedeva capricci, gli pareva tutto bello e si divertiva. Li portava al club, li faceva sedere al bar vicino a lui e raccontava a tutti i presenti i prodigi dei suoi nipoti, escludendo tutti gli altri nonni. Parlavano anche un po`di dialetto e lo pronunciavano con l’accento americano. Erano divertenti a sentirli cercando di pronunciare un “bon giorno`”.Mio padre li ascoltava come se recitassero Shakespeare , poi si voltava ai presenti e diceva “ sentite che robba”.  I figli crescevano e cominciarono a frequentare le scuole elementari. Io adesso un po` piu` libera cercai lavoro ad orario  ridotto. Trovai lavoro come bambinaia con una brava famiglia. Avevano due figlie molto viziate, pero`con me si comportavano bene. Prendevano lezioni d’italiano ed avevano sempre tante domande da farmi. Quando non c’era scuola potevano venire con me anche i miei figli. La mamma era una brava signora educata e modesta, a lei confidai la promessa fatta a mio padre e quanto mi sentivo male per averlo deluso.  La brava donna mi disse che volendo potevo andare in college part-time la sera. Infatti mi disse che si era appena aperto un Community College proprio vicino a casa mia dove offrivano classi per adulti.

Ma come potevo, dissi, non sono nata qua`e c’e sempre quella barriera di etnia e della lingua. Philis mi ricordo` che in America siamo tutti diversi e questo ci univa. “Prova a prendere solo una classe facile la sera, almeno provaci” mi ripeteva. E ci provai, mi iscrissi alla classe serale di Sociologia. Mi era sembrato un soggetto che forse avrei compreso piu` di un altro.   L’insegnante era una donna. Mi sorprese quando inizio`la lezione seduta sulla cattedra. L’informalita` era piacevole faceva sentire meno ignoranti .  La classe era un mix tra giovani e anziani. Erano tutti socievoli e allegri. Alla fine della lezione correvamo subito a un altra classe un altra lezione. Io tornavo a casa sfinita alle 22 pm.  Dopo quattro anni di scuola serale arrivo`il giorno della cerimonia della consegna del diploma.

 Delia Socci Skidmore