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SETTEFRATI
My story begins in a small mountain village called Settefrati. From a geographic point of view, Settefrati is part of the Val Comino (Comino Valley) and is consequently considered as one and the same. The Comino Valley is located in the Southern part of the Lazio region in the province of Frosinone. It is a valley created by the vast Melfa basin and about two-thirds of the valley is lined by high mountains. Some of the highest mountain peaks in the area can be found in the Canneto valley where the Melfa River bursts out from underneath a large boulder. The surrounding valley and mountains are covered in green forests that create shade and shelter from the rays of the sun for the various visitors and travelers that arrive to visit the nearby Sanctuary of the Virgin Mary of Canneto.
These events occurred the final months of 1943 and the final years of World War II. During this time the war had struck the Cassino region with a fury. Day and night, you could hear the roar of explosions from the fire of the German anti-aircraft guns trying to take down the Allied bombers.
Because they were turned back by the Germans at the Gustav line, the Allies targeted the Monastery of Montecassino, a fortress containing one of the largest artillery emplacements that ever existed. They bombed night and day, reducing the mountain and the Monastery to an enormous pile of rubble. The city of Cassino was almost completely destroyed. The victims were in the thousands, both soldiers and civilians. Since Settefrati was located to the North and separated from that area by mountains, it had not yet been subjected to the fury that had struck so near. At night, as soon as the people of the village would hear the angry buzz of the airplanes, they would run to the place called Colle (the Hill) from where the glow of flames, the thunder of the artillery, the deafening rumble and explosions of bombs that became increasingly more menacing could be seen and heard. The people would run to watch the battle, taking us little ones along as well. My grandmother would wrap me up in a shawl, take my hand and take me with her. In the pocket of her apron or zinale, as it was called in that area, she would always carry her Rosary with her and she would always recite her Our Father – Hail Mary prayers and I would always answer “and so shall it be.” even when I cried out in terror from hearing those loud blasts. I did not know what they were but that I knew were signs of something evil.
My poor brave grandmother, she knew better than anyone else that only a miracle could save this pleasant little town from the fury of the conflict. She knew, even if she couldn’t read or write, that the war was approaching fast.
From towns near and far, people arrived who had been forced to flee from their homes to escape the crossfire between Allied and German troops. After a short while, German troops arrived with trucks and motorcycles and occupied the town. Large vehicles would climb up from out of the countryside and enter into the town, passing over small country roads where previously only donkeys had passed just a short while before. We kids would run away frightened at the sight of those monsters and we would hide under our beds with our hands clapped over our ears to block out the roar.
My cousin Edda was about 4 years old, she was pretty, with long blond braids that ended in curls; she would walk around town with a handkerchief tied on her head that would cover even her eyelashes. She was afraid of being mistaken for a German child and of being grabbed and taken back to Germany. Edda didn’t understand these things. After someone had told her, as a joke, that the Germans were looking for her to take her back with them, she started using a handkerchief to hide her blond hair. Hiding any possible resemblance to the Germans because she was deathly afraid of being kidnapped. When we would play together and the handkerchief would come untied, I would have to fix it right away or she would start to cry.
After the occupation, days of fear and confusion followed. Soldiers would confiscate livestock and pretty much everything else from the townspeople, under harsh threats if the people didn’t comply: pigs, sheep, cows, chickens and even oil, wine and anything else they needed.
DELIA SCOCCI SKIDMORE
La mia storia inizia in un piccolo paese di montagna chiamato Settefrati. Settefrati dal punto di vista geografico fa parte della Val Comino e pertanto è considerata un tutt'uno con essa. La Val Comino si trova nella parte sud della regione laziale in provincia di Frosinone. E' una conca formata dal vasto bacino del Melfa ed e' recintata per due terzi da alte montagne. Tra le maggiori sommita' montane si sviluppa la Valle di Canneto dove,sotto una grande roccia. sgorga il fiume Melfa. La valle e le montagne circostanti sono coperte di verdi boschi che ombreggiano e riparano dai raggi del sole i numerosi visitatori e pellegrini che si recano a visitare il vicino Santuario della Madonna di Canneto.
Siamo alla fine del 1943 e la Seconda Guerra Mondiale con tutto il suo furore si era abbattuta nella zona del Cassinate. Giorno e notte si sentivano gli scoppi delle contraeree tedesche contro i bombardieri alleati.
Questi ultimi, non riuscendo a sfondare la linea Gustav, avevano preso come obiettivo il Monastero di Montecassino , la piu' grande fortezza d'artiglieria che mai fosse esistita. Bombardarono giorno e notte riducendo il monte e il Monastero ad un enorme ammasso di macerie. La cittadina di Cassino fu quasi completamente distrutta. Migliaia furono le vittime tra soldati e civili. Settefrati essendo situato verso il nord e separato da monti da quella zona, non aveva ancora subito quel furore che si abbatteva a poca distanza. La sera la gente del paese appena sentiva il cupo rombo degli aerei, correva alla localita' chiamata Colle da dove si potevano vedere bagliori di fiamme, fragori d'artiglieria, rombi e detonazioni di bombe che rintronavano sempre piu' minacciosi. La gente correva a vedere la battaglia portandosi dietro anche noi più piccoli. Mia nonna mi avvolgeva in uno scialle e mi prendeva per la mano e mi portava con lei. Nella tasca del grembiule o zinale, come si diceva in quei luoghi, portava sempre la Corona del Rosario e recitava i suoi Pater - Ave ed io rispondevo sempre "cosi sia" anche quando piangevo dal terrore di quel fragore che non capivo ma sapevo che era qualcosa di sinistro. Povera brava nonna che sapeva piu' degli altri che solo un miracolo poteva salvare questo ameno paesello dal furore del conflitto; sapeva, anche se non era in grado ne'di leggere ne'di scrivere, che la guerra si avvicinava a grandi passi.
Arrivava gente da paesi vicini e lontani, gente sfollata fuggita dai loro paesi per sottrarsi al fuoco tra l’esercito alleato e l’esercito tedesco.
Poco tempo dopo arrivarono le truppe tedesche con camion, autocarri e motociclette e occuparono il paese. Erano grandi veicoli che salivano dalla campagna sul paese passando per stradine di campagna ove poco prima passavano solo asinelli. Noi ragazzini alla vista di quei mostri fuggivamo spaventati e ci nascondevamo sotto il letto con le mani sopra gli orecchi per coprire il rombo.
Mia cugina Edda aveva circa 4 anni, era bella, con lunghe trecce bionde che finivano in boccoli, girava il paese con un fazzoletto legato in testa che le copriva anche le ciglia. Aveva paura di essere scambiata per una bambina tedesca e i soldati l’avrebbe presa e riportata in Germania. Edda non capiva queste cose, solo dopo che qualcuno le aveva detto, credendo di fare uno scherzo , che i tedeschi la cercavano per portarsela con loro: lei spaventata al pensiero di essere ‘rubata “, come le avevano detto, era ricorso al fazzolettone per coprire ogni rassomiglianza ai tedeschi. Quando giocavamo insieme e il fazzoletto si scioglieva glielo dovevo raccomodare subito altrimenti cominciava a piangere.
Dopo l’occupazione seguirono giorni di spavento e confusione. I soldati requisivano agli abitanti il bestiame ogni cosa: maiali, pecore, vacche galline come anche olio, vino e tutto quel che a loro occorreva sotto severe minacce se il popolo non acconsentiva.
DELIA SOCCI SKIDMORE