UNA STORIA D’AMORE
Il matrimonio
Il giorno dello sposalizio fu una giornata di febbraio fredda e piovigginosa. Antonia si vesti da sposa col vestito bianco che gli era costato un sacco di legna. Mise il velo lo adagio`sui capelli neri e lo strascico arrivava fin a terra.
Radiante, ma anche con una spina al cuore, la sposa fu accompagnata all’altare da un suo cugino. Ne` la mamma ne` il padre l’accompagnarono in chiesa. Stranamente, Antonia racconta di quel giorno per cui fu tanto perseguitata con calma, solo gli occhi tradiscono un lieve velo di tristezza.
La famiglia di Filippo aveva fatto tutti i preparativi per la giornata, gli invitati non furono numerosi, i genitori di Antonia non furono invitati.
Dopo la cerimonia gli sposi seguiti dal corteo degli invitati si avviarono verso la casa di Filippo. Antonia ricorda come modestamente e col cuore tra gioia e tristezza varco` la soglia della casa della nuova famiglia senza i suoi genitori. Il pranzo matrimoniale fu semplice seguito dal rinfresco con dolce e tanto vino.
Alla fine della festa, gli ospiti ,uno la volta tornarono alle loro case lasciando agli sposi in regalo la “busta” con qualche soldo dentro come era d’usanza allora. Antonia adesso sorride, gli occhi le luccicano di gioia e a bassa voce come per non rovinare quel dolce ricordo dice: Sai Delia, Filippo, non mi levava mai gli occhi addosso quel giorno. Poi annuisce col capo e dice compiaciuta mbe`sci (ebbene si) nel vecchio dialetto.
Antonia continua : Si faceva tardi , era ora di salutare la nuova famiglia e avviarci verso la casetta nostra. E cosi fecero, si accomiatarono ed uscirono insieme. Fuori ancora pioveva, il bel vestito bianco si bagno` tutto. Gli sposi non ci fecero caso e si incamminarono verso casa.
Passarono davanti alla casa dei genitori Antonia senti la mamma piangere. Si fermo`e guardo` Filippo, lui la prese per la mano e disse
andiamo a salutare i tuoi genitori. Entrarono e videro che anche il padre piangeva. Filippo gli ando’ vicino gli porse la mano e lo abbracccio`. Antonia abbracciata alla mamma entrambe piangevano commosse. Quel gesto di rispetto verso il suocero che tanto lo aveva odiato durante gli anni nei quali aveva frequentato sua figlia, basto` per cancellare nel suo animo tutto l’astio che aveva serbato da tanti anni per il genero.
Da quel momento i genitori di Antonia rispettarono e amarono il genero come un figlio.
Piu` tardi quando soli nella casetta scarsamente arredata e solo con qualche mobile vecchio e rotto i giovani iniziarono la vita di coppia.
La poverta`non li spaventava, il loro amore li sosteneva.
Dopo, nel silenzio intimo della notte, Filippo disse alla sposa: meno male che tuo padre ti ha picchiata , chissa`se eri piu`libera forse non saremmo arrivati a questo bello e dolce momento.
Il giorno dopo era appena l’alba quando arrivarono la suocera, fratelli e sorelle di Filippo. Anche questa una antica usanza per la nuova suocera
e chiunque altro voleva di visitare gli sposi il giorno dopo e controllare se tutto era a posto.
Passo` qualche tempo quando Filippo si mise in contatto con la famiglia
di Ravenna che lo aveva ospitato nel dopo guerra. Il capofamiglia spiego` a Filippo che avevano lavoro per loro . Gia Filippo lo conoscevano e con la moglie sarebbero stati i ben venuti.
Notizia piu` bella non potevano ricevere, accettarono l’offerta e iniziarono a fare i preparativi per partire. Qualche giorno dopo partirono per il nuovo mondo che li attendeva. Partirono come tanti altri paesani facevano a quei tempi pieni di speranza per il futuro, pieni di sogni da realizzare. Si partiva per lontani paesi conosciuti solo di nome. Si partiva per grande citta`verso il nord Italia sempre sperando in un avvenire che il paese non offriva.
Portarono con loro tutte le ricchezze che avevano, ed erano poche, e ne riempirono due vecchie valigie. Poi Antonia spalanca gli occhi ed animatamente dice : avevamo anche 5 mila lire.
Si sistemarono facilmente nel nuovo luogo e nuova vita. Filippo lavorava nei campi e Antonia aiutava come poteva.Quello stesso anno nacque la nostra prima figlia, dice Antonia,Eravamo felici ci sentivamo benedetti dal Signore. Io la portavo con me
a pascolare le mucche. Mi sedevo sotto un albero, cullavo la mia bambina e la allattavo. E cosi anche quando arrivo`la seconda. Le portavo con me nei campi le avvolgevo con copertine, una nella cesta e una la portavo in braccio. Proprio come si era sempre fatto in piccoli paesi. Abbiamo lavorato e sacrificato abbiamo 4 figli e tanti nipoti. Antonia accompagna le parole annuendo col capo e con ah ah continua:
abbiamo dato una educazione ai nostri figli e quando sono sposati siamo stati in grado di comprare ad ognuno una casa. La donna davanti a me mentre parla ha una espressione giustamente fiera. Forse ripensa a quegli anni tanto tempo fa quando non avevano niente e ne` speranze alcune per vivere una vita normale nel paese natio . ---"Ora torniamo a Settefrati tutti gli anni, continua .come fate voi che tornate da tanto lontano ma la prima volta tornammo dopo ben 20 anni.
Poi disse: “e sai Delia che quando mio padre si ammalo`e non fu piu` capace di levarsi dal letto da solo, lo ospitammo a casa nostra. Mio padre permetteva solo a Filippo di curarsi di lui . Si solo Filippo e nessun altro. Insieme si curarono anche della mamma di Antonia quando gravemente malata ando` ad abitare con loro.
Quando rividi Antonia per la prima volta non la riconobbi. Immaginavo che era settefratese emigrata ma non sapevo dove. Solo gli occhi assomigliano alla esile quattordicenne che conoscevo io. La signora che mi parla e` una bella donna, bionda ora, un po rotondetta, veste bei vestiti moderni ,e` sicura di se`. Filippo e`cambiato poco. I lineamenti sono gli stessi ,ora con qualche ruga. Vengono in piazza tutte le sere per socializzare come facciamo tutti. Antonia si ferma con noi donne mentre Filippo prosegue verso il bar dove gli uomini siedono a fare la partitella. Ma ogni tanto si fa la passeggiatina verso le donne dove c’e anche Antonia, la cerca come sempre ha fatto.
La storia finisce qui`. La protagonista me l’ha raccontata in due anni conseguitivi quando ci siamo rincontrate a Settefrati. Mi ha chiesto di raccogliere in scritto la sua storia che io parzialmente gia`conoscevo. Ho voluto modestamente accontentare la mia vecchia amica.
Grazie Antonia.
Delia Socci Skidmore