Nei primi 40 giorni
di guerra sono fuggite più di 4
milioni di persone dall’Ucraina,
circa il 10% della popolazione. Grazie a una
norma pensata per i conflitti nell’ex
Jugoslavia, i profughi possono
muoversi liberamente nell’Unione europea.
Si tratta di fatto
di un nuovo approccio – seppur temporaneo –
all’accoglienza degli sfollati di guerra in
Europa.
4,2 milioni di
persone sono fuggite dall’Ucraina dal 24
febbraio al 4 aprile 2022, secondo l’Unhcr.
Dove si recano
i rifugiati
In media sono
stati
116mila ogni giorno le profughe e i
profughi ucraini fuggiti dal paese
dal 24 febbraio, primo giorno dell’invasione
da parte della Russia, fino allo scorso 4
aprile.
Si tratta per lo
più di donne e minori, perché in virtù di
una legge d’emergenza del governo ucraino è
proibito agli uomini tra 16 e 60 anni di
uscire dal paese, tranne che per alcune
eccezioni.
Essendo lo
spazio aereo ucraino chiuso ormai da
settimane, l’unico modo per
espatriare è via terra, in direzione delle
nazioni confinanti.
Le direttrici di chi emigra dall’Ucraina
(Unhcr).
L’Ucraina
confina con 7 paesi. Gran parte dei
rifugiati attraversa il paese in direzione
nord-ovest, e attraverso l’importante
stazione ferroviaria di Lviv (Leopoli)
raggiunge la Polonia, in Unione europea.
Questo è stato il doloroso percorso
affrontato, finora, da 2,47 milioni di
persone, pari al 58,1% del totale.
Dopo la Polonia,
il paese dove sono entrati più profughi è
la Romania, che accoglie il 15,3%
degli sfollati. Seguono poi
Moldavia, Ungheria, Federazione Russa e
Slovacchia, dove l’agenzia Onu per
i rifugiati (Unhcr) ha registrato ingressi
simili (tra il 7% e il 9% del totale). La
Bielorussia, invece, ha visto il passaggio
di poco più di 16mila persone, pari allo
0,4%.
Infine occorre
segnalare che gli ingressi in Moldavia
conteggiati dalle Nazioni unite non
comprendono quelli che attraversano la
frontiera tra l’Ucraina e la
Transnistria, regione separatista
che però per la comunità internazionale fa
parte della stessa Moldavia, anche se dotata
di governo autonomo dal 1992. Qui,
secondo il governo transnistriano
sarebbero ospitate 25mila persone,
mentre
per l’esecutivo moldavo sarebbero
entrati in Transnistria 15mila
ucraini. Tuttavia questi dati sono
privi di riscontri da parte di
organizzazioni internazionali.
DA SAPERE
Il grafico
mostra gli ingressi di persone
provenienti dall’Ucraina dal 24
febbraio al 4 aprile 2022. Sono
incluse le persone che una volta
entrate nel paese lo lasciano
immediatamente per approdare
altrove. I dati rilasciati da Unhcr
vengono comunicati dai rispettivi
governi. Il dato della Federazione
Russa è aggiornato al 29 marzo. Il
dato della Repubblica Slovacca è
aggiornato al 3 aprile.
FONTE: elaborazione
openpolis su dati
Unhcr
(ultimo aggiornamento: lunedì 4
Aprile 2022)
Le famiglie che fuggono
dall'Ucraina invasa seguono più o meno coerentemente
l'andamento delle operazioni militari nel corso di
questa drammatica guerra.
L'Ucraina è una nazione
molto estesa, per questo anche la
provenienza territoriale dei profughi è decisiva per
le tendenze e il tracciamento dei flussi migratori.
Per esempio, nei giorni peggiori dei bombardamenti
nella capitale Kiev e in altre metropoli del nord
(come Kharkiv), si sono registrati maggiori ingressi
in paesi più raggiungibili dalle zone settentrionali
attraverso lo snodo di Leopoli, come la
Polonia e la Romania.
Al contrario, dovessero
intensificarsi i bombardamenti nella città più
importante del sud - Odessa, finora
solo lambita dalle operazioni belliche
più violente - probabilmente si assisterebbe a
maggiori flussi in entrata verso la Moldavia,
la cui frontiera sud dista poco più di 50 km da
Odessa.
DA SAPERE
Il grafico mostra
gli ingressi di persone provenienti
dall’Ucraina nei paesi con essa confinanti,
dal 24 febbraio al 4 aprile 2022. Sono
incluse le persone che una volta entrate nel
paese di approdo lo lasciano immediatamente
per recarsi altrove. Sono stati considerati
i paesi confinanti con l’Ucraina: Polonia,
Romania, Slovacchia, Moldavia, Federazione
Russa, Ungheria e Bielorussia.
FONTE:
elaborazione openpolis su dati
Unhcr
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Aprile 2022)
Dall'inizio della
guerra, il giorno in cui si è registrato l'esodo
maggiore è il 7 marzo, con 207mila ingressi
nei paesi confinanti, quasi il doppio della media
giornaliera del conflitto.
A partire dal 14 marzo,
invece, si è verificata una discesa nei numeri delle
persone che hanno scelto di lasciare il proprio
paese. Fino ad arrivare ai circa 29mila
rifugiati lo scorso 4 aprile.
Quale accoglienza in
Europa?
A inizio marzo le
istituzioni europee hanno deciso di attivare in via
del tutto eccezionale una direttiva europea
risalente a oltre vent'anni fa.
Si tratta della
direttiva 55, pensata nell'estate del 2001,
quando ci si ritrovò di fronte al massiccio numero
di sfollati provenienti dai paesi balcanici, vessati
da anni di guerre.
La presente direttiva
ha lo scopo di istituire norme minime per la
concessione della protezione temporanea in caso
di afflusso massiccio di sfollati provenienti da
paesi terzi che non possono ritornare nel paese
d'origine e di promuovere l'equilibrio degli
sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli
sfollati e subiscono le conseguenze
dell'accoglienza degli stessi.
Questa disposizione
non era mai stata attivata per le numerose
crisi di rifugiati generati dai conflitti scoppiati
nell'ultimo ventennio, soprattutto in medio
oriente e Asia centrale. Parliamo dei
milioni di siriani giunti in Europa in questi
anni, fino ai rifugiati afghani in fuga dal paese
fino alla scorsa estate. Per non parlare da chi
scappa dalle guerre (civili e non) nelle nazioni
dell'Africa occidentale.
In tutti questi casi,
com'è noto, le autorità del vecchio continente hanno
deciso di finanziare ed "esternalizzare"
l'accoglienza a paesi terzi - è il caso degli
accordi con la Turchia nel caso della crisi siriana
- o di affidare ai paesi di approdo le
procedure di asilo individuali, come accade
da tempo soprattutto nelle nazioni dell'Europa
meridionale, più interessate dagli sbarchi di
persone proveniente dal continente africano.
Dopo l'attacco della
Russia all'Ucraina, invece, i ministri dell'Unione
europea hanno deciso all'unanimità
l'istituzione di un meccanismo di "asilo temporaneo"
per rispondere all'afflusso di sfollati
provenienti dall'ex repubblica sovietica.
L'articolo 6 della
direttiva 55 sancisce che le persone che fuggono dal
conflitto debbano godere di una protezione
temporanea in Ue, uno status simile a quello del
rifugiato, in qualsiasi paese dell'Ue e per
un anno dall'ingresso, rinnovabile per altri due.
La decisione di
riattivare una norma messa da parte oltre vent'anni
fa ha diversi obiettivi. Innanzitutto è fondamentale
che, di fronte a un esodo così massiccio in così
poco tempo, si debbano snellire le procedure
per la protezione (seppur temporanea) degli sfollati
ucraini. Attraverso la direttiva, infatti,
si evita che le persone vengano sottoposte all'esame
individuale delle domande di asilo, con il
risultato di poter godere da subito
dell'assistenza medica e sociale, del diritto al
lavoro, del diritto all'istruzione per i minori, e
ai contributi per il sostentamento delle famiglie
stanziati dalle autorità comunitarie in queste
settimane.
Inoltre viene lasciata
libertà ai profughi di circolare tra le nazioni
europee, senza vincoli di spostamento tra un
paese e l'altro.
Infine c'è un aspetto
che riguarda più che altro gli equilibri tra
gli stati membri. Per quanto riguarda le
persone che entrano nei circuiti dell'accoglienza
organizzata dalle singole nazioni, infatti,
attualmente non vi sono quote
prefissate di redistribuzione tra i paesi membri.
Gli Stati membri
accolgono con spirito di solidarietà comunitaria
le persone ammissibili alla protezione
temporanea. Essi indicano la loro capacità
d'accoglienza in termini numerici o generali.
[...] Tali indicazioni vengono rapidamente
comunicate all'UNHCR.
La presenza ucraina in
Italia
Al 4 aprile erano
83.100 le persone provenienti dall'Ucraina
entrate in Italia dopo il 24 febbraio.
Poco più di 2mila al giorno.
Secondo quanto ha recentemente affermato alla camera
la ministra dell'interno Luciana Lamorgese, al 29
marzo il 60,1% delle persone (circa 42mila)
aveva fatto ingresso in Italia attraverso la
frontiera con la Slovenia, il 35,7% era arrivato in
aereo, e il restante 4,1% attraverso i
valichi ferroviari in Friuli Venezia Giulia
(quest'ultimo è un dato a decorrere dal 10 marzo).
Nei primi 40 giorni di
guerra sono entrate in Italia in media 2mila persone
al giorno.
Di queste, il
51,5% erano donne (42.879 persone), il 10,3% uomini
(8.851) e il 38,1% minori (31.670).
Secondo quanto comunica il ministero
dell'interno, le città di destinazione dichiarate
all'ingresso in Italia sono Milano, Roma, Napoli e
Bologna.
Al momento non
vengono rilasciati i dati di quanti profughi ucraini
siano attualmente ospitati nel sistema di
accoglienza. Inoltre, come abbiamo
denunciato più volte,
sul cruscotto giornaliero del ministero
dell'interno vengono pubblicati
quotidianamente solo i dati relativi agli sbarchi
via mare, e non gli ingressi via terra,
come nel caso dei migranti provenienti dalla "rotta
balcanica", o da poco più di un mese, dall'Ucraina.
Pochi ucraini ricorrono
all'accoglienza
Pur mancando dati
organici messi a disposizione dalle amministrazioni
pubbliche, torna nuovamente utile l'audizione di
Lamorgese. La ministra afferma che delle 75.115
persone arrivate in Italia al 29 marzo scorso,
solo 5.600 risultano inserite nel sistema di
accoglienza. Di queste 5.301 sono nei
centri di accoglienza straordinaria (Cas) e 299 nel
sistema di accoglienza e integrazione (Sai).
Meno di un profugo ucraino su 10, insomma, entra in
un centro.
7,46% degli ucraini entrati in Italia dal 24
febbraio al 29 marzo 2022 hanno aderito al sistema
di accoglienza.
Quindi parliamo, almeno
finora, di un numero di posti occupati
inferiore rispetto a quelli finanziati recentemente
dal governo: 8mila,
come abbiamo raccontato nei giorni scorsi.
Se in pochi hanno
aderito all'accoglienza, in pochissimi hanno
richiesto la protezione internazionale.
I motivi per i quali una
così bassa quota di rifugiati decide di non entrare
nel sistema di accoglienza sono diversi. Uno
delle principali è dovuto alla presenza di una folta
comunità ucraina che già viveva nel nostro paese
prima del conflitto. Al 1 gennaio 2021,
infatti, gli ucraini in Italia erano 255mila, e
costituivano la quinta comunità straniera
più popolosa, dopo quelle provenienti da
Romania, Marocco, Albania e Cina.
Questo ha fatto sì che
con l'invasione russa si attivassero, in Italia come
in Europa, numerose reti familiari e sociali
da parte degli emigrati ucraini che già
vivevano fuori dal loro paese di origine.
Infine, un ultimo
elemento riferito dalla ministra Lamorgese è
indicativo: al 29 marzo le domande di
protezione internazionale presentate erano solo 679.
Si tratta di un dato che da un lato restituisce la
speranza di molti di poter tornare presto in
patria, e dall'altro dimostra quanto
la stragrande maggioranza delle persone fuggite
punti alla protezione temporanea prevista
dalla direttiva 55.