Delitto di Cogne

 

 

Con l'espressione Delitto di Cogne si intende il caso di infanticidio avvenuto nella frazione Montroz di Cogne (Aosta ), nel quale ha perso la vita Samuele Lorenzi, di anni tre.

 

L'omicidio

 

La mattina del 30 gennaio 2002 intorno alle ore 8 il piccolo Samuele Lorenzi viene ritrovato agonizzante dalla madre Annamaria Franzoni, con segni evidenti di una grave emorragia dovuta a numerose ferite alla testa nel letto matrimoniale della sua stanza.

Immediate sono le telefonate della donna al 118 e al medico di famiglia, la quale interviene per prima e ipotizza che il bimbo possa essere stato vittima di un aneurisma.

Il dubbio sovviene però ai soccorsi del 118 (recatisi sul posto in elicottero), che, notando lo stato dei luoghi, sospettano di infanticidio.

Immediatamente vengono avvisati i Carabinieri, che compiono i primi sopralluoghi nella villetta teatro dell'omicidio.

Poche ore dopo, l'accusa di aver ucciso il figlio è rivolta alla signora Franzoni, la quale nega fin dall'inizio di aver compiuto tale atto.

Le indagini

 

Non sono bastati i numerosissimi sopralluoghi nella villetta, nemmeno le tecniche più sofisticate (come uso del Luminol e analisi dettagliate su impronte digitali, macchie di sangue, ecc.) a dare prove tangibili di colpevolezza di un soggetto in particolare; la difesa ha più volte sottolineato come la scena del delitto sia stata varcata da più persone al momento della scoperta del fatto, che potrebbero aver inquinato le prove in maniera irreversibile.

Ugualmente non è stata mai ritrovata l'arma del delitto (probabilmente un corpo contundente di rame, come dimostrano i risultati dell'autopsia compiuta sul corpo del bambino).

Nonostante si sia sospettato più volte di vicini di casa o persone comunque residenti nella zona, la colpa è ricaduta sempre su Annamaria Franzoni, in quanto gli altri soggetti sono provvisti di alibi e, secondo l'accusa, la Franzoni era l'unica persona che poteva compiere tale reato in quei precisi momenti, nonostante fosse uscita ad accompagnare l'altro figlio alla fermata dello scuolabus.

 

 Il processo

 

Nel 2004 Annamaria Franzoni viene condannata in primo grado a 30 anni di carcere.

La contestazione della veridicità di alcune prove fornite dalla difesa della donna nel corso delle indagini difensive, ha portato ad istituire un processo parallelo a quello sull'accusa di infanticidio (il cosiddetto Cogne bis) nel quale sono imputate undici persone, tra cui la Franzoni, il marito (Stefano Lorenzi) e il suo precedente difensore (Carlo Taormina).

Le ultime perizie psichiatriche hanno portato a galla un aspetto interiore della Franzoni. La sua personalità è stata definita affetta da "nevrosi isterica", ovvero portata alla teatralità e alla simulazione giacchè incapace di elaborare in modo maturo le problematiche proprie della quotidianità.

Il 27 aprile 2007 la Corte d'Assise d'appello ha condannato Annamaria Franzoni a 16 anni di carcere; la riduzione di pena, rispetto alla sentenza di 1° grado, è dovuta al rito abbreviato e alla concessione delle attenuanti generiche.

 

 

 

Annamaria Franzoni

 

Da Wikipedia,

 

Annamaria Franzoni (San Benedetto Val di Sambro, 23 agosto 1971), coniugata con Stefano Lorenzi, è la madre di Samuele Lorenzi, ucciso con numerosi colpi alla testa inferti con un oggetto contundente non identificato, all'età di tre anni, nella villa di famiglia a Cogne (frazione Montroz) il 30 gennaio 2002.

Poche ore dopo la scoperta del delitto di Cogne (è stata lei stessa a scoprire il corpo del bimbo agonizzante, disteso sul suo letto, e a chiamare i primi soccorsi) la Franzoni è stata individuata, anche per la mancanza di altri sospettati, come la principale indiziata dell'omicidio. In seguito al clamore suscitato dalla vicenda, si è sviluppata in Italia una grande attenzione mediatica attorno al caso giudiziario e una profonda spaccatura fra innocentisti e colpevolisti nell'opinione pubblica; da alcune parti si è ritenuto che questa enorme campagna mediatica sia stata in qualche modo voluta o strumentalizzata dalla famiglia della Franzoni, con l'obiettivo di mettere in difficoltà gli organi inquirenti impedendo di svolgere le indagini con la dovuta riservatezza.

Al termine del processo di primo grado (nel 2004) la Franzoni è stata riconosciuta colpevole e condannata alla pena di 30 anni di carcere.

La colpevolezza è stata ribadita anche al termine del processo di appello, conclusosi il 27 aprile 2007, con una sentenza che ha peraltro ridotto la pena a 16 anni grazie alla concessione delle attenuanti generiche (che compensano l'aggravante dovuta all'uccisione del figlio) e alla concessione del rito abbreviato (che comporta la riduzione di un terzo rispetto al massimo della pena).

I legali della Franzoni hanno dichiarato l'intenzione di ricorrere in Cassazione; in attesa del pronunciamento della Suprema Corte, ritenendo i giudici che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, la Franzoni potrà restare libera.

La difesa di Annamaria Franzoni è passata agli avvocati (in ordine cronologico): Carlo Federico Grosso, Carlo Taormina, poi dopo il ritiro di questi per protesta, a Paola Savio (legale d'ufficio).

La personalità di Annamaria Franzoni, ai fini processuali, è stata spesso oggetto di studio psicologico e psichiatrico da parte di esperti, con varie ipotesi ed incertezze che tuttora si protraggono (da ricordare il rifiuto della donna di sottoporsi ad una seconda perizia psichiatrica, che è stata eseguita solamente sui documenti audio e video in possesso). Lei stessa continua tuttavia a rifiutare ogni ipotesi di infermità o semi-infermità mentale, condizioni che spiegherebbero, secondo alcuni esperti, l'amnesia rispetto all'atto omicida, e quindi l'impossibilità di riconoscersi responsabile dello stesso. Nella sentenza d'appello, all'imputata è stata riconosciuta la piena sanità mentale al momento dell'omicidio.

La Franzoni si è del resto proclamata sempre innocente, anche con il supporto della sua famiglia, non riuscendo tuttavia a individuare in modo chiaro ed esplicito alcun altro possibile responsabile del delitto. Da parte della sua difesa, tuttavia, ci sono stati riferimenti più o meno espliciti all'azione di un vicino di casa, ma le perizie effettuate dai Ris e gli alibi di tutti i vicini di casa della Franzoni hanno finora sempre scagionato i potenziali sospettati, che sono in attesa della condanna definitiva della donna per poter agire contro di lei in sede civile per il risarcimento dei danni da diffamazione. La Franzoni risulta quindi a tutt'oggi l'unica sospettata e condannata, sia pure non ancora in modo definitivo, per l'omicidio di Samuele.

Numerose sono state anche le sue partecipazioni a noti talk-show italiani, quali Maurizio Costanzo Show, Porta a Porta e Buona Domenica; queste partecipazioni hanno portato alcuni, soprattutto fra i colpevolisti, a parlare di una vera e propria strategia di difesa comprendente un uso consapevole dei media come strumento per coinvolgere e manipolare la pubblica opinione.

Annamaria Franzoni ha inoltre scritto nel 2006, con la collaborazione di Gennaro De Stefano (inviato della rivista italiana Gente), un libro intitolato La verità, nel quale racconta tutta la vicenda vista dai suoi occhi di madre.