GEORGIA
IL FATTO IN BREVE Da WIKIPEDIA
La Georgia rinasce come stato indipendente dal dissolvimento dall'Unione Sovietica il 9 aprile 1991, in seguito al referendum del 31 marzo, che vide il 98,9% dei georgiani favorevole all'indipendenza, la Georgia ha adottato il nome di Repubblica di Georgia. Con l'indipendenza georgiana si svilupparono conflitti separatisti nelle regioni dell'Abcasia e dell'Ossezia del Sud, autoproclamatesi indipendenti. Nel 2004 la Rivoluzione delle Rose ha portato al potere il presidente Mikheil Saakašvili, provocando al contempo un ulteriore allontanamento politico da Mosca. Nello stesso anno la Georgia ha cambiato il proprio nome ufficiale in Repubblica della Georgia. Agosto 2008 - Conflitto in Ossezia del Sud
Nell'agosto 2008 nuovi scontri in Ossezia del Sud sono sfociati nell'avanzata delle forze georgiane nella regione e nella reazione russa, con il bombardamento di Tbilisi del porto di Poti, un importante centro strategico per la distribuzione di carburante nel Mar Nero. La Georgia ha proclamato la mobilitazione generale, dichiarando lo stato di guerra. Nel prosieguo delle operazioni militari che interessano l'area l'esercito russo ha inviato truppe in Ossezia e Abcasia, schierandosi a fianco dei secessionisti. Nei giorni seguenti le operazioni russe non si sono limitate all'area contesa, ma hanno coinvolto anche il territorio della Georgia quando le truppe dell'Armata Russa hanno occupato la città di Gori a 90 Km da Tbilisi, la città di Poti ed altre località minori, costringendo i georgiani a ripiegare per difendere la capitale Un accordo preliminare sul cessate il fuoco è stato firmato da Georgia e Russia il 15 Agosto 2008. Lo Stato Maggiore dell'esercito russo ha dichiarato di aver completato il ritiro dalle zone occupate in Georgia entro 10 giorni, mentre la parte georgiana osserva che esistono ancora posti di blocco russi nel suo territorio e che il ritiro dal porto di Poti non è stato completato[2]. Il Parlamento georgiano, riunito in seduta straordinaria, ha prorogato lo stato di guerra fino all'8 settembre 200
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LA GEORGIA E LA STABILITA’ Giovanni De Sio Cesari
E' avvenuta che i Georgiani hanno contato eccessivamente sull’appoggio americano e improvvisamente e improvvidamente hanno cercato di ricondurre sotto il loro effettivo controllo l’Ossezia del sud che, in teoria parte integrante della Georgia, in effetti costituiva una entità indipendente sotto la protezione della Russia. Ma la Russia di Putin non è più un paese allo sbando come ai tempi di Yeltsin ma una nazione che ha tassi di sviluppo economico vicini a quelli mitici della Cina e che intende recuperare il suo ruolo internazionale e il suo orgoglio di grande potenza. Non si è fatta quindi sfuggire l'occasione, offertale dal dissennato attacco georgiano, per ribadire il suo ruolo nella regione e, in genere, la sua influenza su tutto quel mondo ex sovietico nel quale gli americani sembrano voler estendere invece la propria influenza. Certamente gli americani non possono intervenire direttamente e scontrarsi con truppe russe: possono invece promuovere una politica che possa danneggiare la economia russa Se in questa direzione possono avere un qualche appoggio in alcuni degli stati che prima erano satelliti delle Unione Sovietica che sono ancora pieni di rancore e anche di apprensione verso i Russi, sono però frenati dai paesi europei più importanti che non hanno alcuna intenzione di scontrarsi con la Russia che, invece, costituisce un promettente partner commerciale sia per le esportazioni che per gli approvvigionamenti energetici (soprattutto di gas naturale) che possono diversificare le fonti energetiche e alleggerire la eccessiva dipendenza dal turbolente Medio Oriente. Più in generale nel passato l’Europa vedeva un nemico nel Comunismo sovietico non nella Russia: essendosi ormai il comunismo dissolto torna a vedere nella Russia un “paese europeo” da integrare, quindi, nella sua compagine. non un nemico. non una minaccia Il crollo dell’Unione Sovietica con la nascita di 14 repubbliche tutte più o meno in tensione con le altre non ha giovato alla stabilità generale del mondo. In tutte le repubbliche ex sovietiche sono rimaste consistenti minoranze russe che a volte raggiungono anche il 40% della popolazione: è stata veramente una fortuna che non siano esplose tensioni violente che avrebbero potuto trasformare le nuove repubbliche in un immenso campo di battaglia: il merito maggiore è certamente dovuto alla moderazione delle popolazioni russe e alla saggezza delle autorità della Russia che non hanno soffiato sul fuoco. Sono esplose qua e la invece tanti piccoli irredentismi soprattutto nel Causaso ( ma non solo nel Caucaso) dove vi sono decine di etnie diverse tutte anelanti, teoricamente, a una propria forma di indipendenza. Il principio di nazionalità che, in teoria, dall’800 è il criterio fondamentale per la formazione degli stati è in realtà un principio di difficile applicazione. I popoli non sono distinti nettamente in terre distinte: sono in genere frammisti negli stessi territori e comunque poi creiamo uno stato nazionale troviamo sempre delle minoranza e se esaminiamo le terre delle minoranze troviamo ancora altre minoranze Grandi stati come la Russia, la Cina l’India contano, al loro interno, decine di minoranze : se ognuna di esse volesse crearsi un proprio stato invece avremmo, al loro posto, qualche centinaio di piccoli staterelli instabili Non ci sembra saggio ed avveduto appoggiare i mille irredentismi: non conviene a nessuno una esplosione della Russia che causerebbe una instabilità mondiale difficilmente controllabile: e poi non dimentichiamo che la Russia è sempre una potenza atomica.
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Profeti disarmati Angelo
Panebianco
Ma, si dice, non possiamo isolare la Russia. Certo che non possiamo
isolarla. Ci serve il suo gas, ci serve il suo appoggio nella crisi
iraniana, ci serve che essa svolga un ruolo internazionale
di cooperazione. Ma non possiamo permettere che essa usi il bastone e la
carota con noi senza fare la stessa cosa nei suoi confronti. Non
possiamo dimenticare che la Russia è un regime semi- autoritario che usa
da tempo politicamente, nella sua politica estera, le risorse del suo
capitalismo di Stato e oggi, di nuovo, anche le sue risorse militari.
Non possiamo dimenticare che la sua involuzione autoritaria (alimentata
dalle «utili guerricciole » su cui ha scritto acutamenteSandro Viola
qualche giorno fa) è la prima causa del suo risorgente imperialismo e
che non si possono intrattenere con una democrazia autoritaria le stesse
relazioni di fiducia reciproca che esistono fra democrazie liberali. E'
dall'involuzione interna della Russia che, prima di tutto, nasce
(rinasce) la sua minaccia verso l'esterno (lo ha ricordato Filippo
Andreatta sul Corriere di ieri). Dobbiamo tener conto delle «ragioni»
della Russia ma non al punto di andare contro nostri interessi vitali
(per esempio, l'interesse a forniture di idrocarburi dal Caucaso non
interamente monopolizzate dai russi ol'interesse a farci carico dei
problemi di sicurezza di tutti i membri dell'Unione, presenti e futuri).
Né possiamo dimostrare disinteresse, o peggio, per l'aspirazione alla
libertà dei cittadini delle ex |