Imminente crisi alimentareJohn Vidal
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The Guardian, 29/8/2007 La terra che una volta era usata per crescere il cibo, viene sempre più sfruttata per produrre bio carburanti. Ciò potrebbe aiutarci a contrastare il riscaldamento globale – ma sta facendo lievitare i prezzi del cibo in tutto il mondo e sta facendo diventare sempre più difficile la vita nei paesi in via di sviluppo. Aggiungi la carenza d’acqua, i disastri naturali e la crescita demografica esponenziale, quello che ottieni è la ricetta per un disastro. Miglio su miglio di alto mais ondeggiante fino all’orizzonte attorno alla piccola città di Carleton nel Nebrasca appare perfetto a coltivatori come Mark Jagels. Per lui e la fattoria del padre (1 000 ettari) il prezzo del mais non è mai stato cosi alto e il futuro non è mai stato così roseo. Carleton (motto della città: “il centro di tutto quanto”) è in rapido sviluppo, con l’arrivo di 200 milioni di dollari dalla California per un nuovo impianto di biocarburanti, e dopo anni di depressione, c’è nuovo lavoro a tempo pieno, ben pagato, per 50 persone. Ma c’è un inghippo. Gli stessi campi nella grande pianura che circonda la casa di Jagels possono portare novo denaro all’America rurale, ma allo stesso tempo stanno aumentando il costo del pane a Manchester, delle tortillas in Messico City e della birra a Madrid. Come diretta conseguenza di quanto sta accadendo in posti come Nebraska, Kansas, Indiana e Oklahoma, sono aumentati i costi degli aiuti alimentari per le popolazioni povere del Africa meridionale, della carne di maiale in Cina e della bistecca in Inghilterra. Sfidati dal Presidente George Bush a produrre 132 miliardi di litri di bio carburante per trasporto entro il 2017 per ridurre la dipendenza Americana dall’importazione di greggio, la famiglia Jagels e migliaia di coltivatori come loro stanno patriotticamente trasformando la regione del mais da cesto del pane del mondo in un enorme serbatoio di carburante da trasporto. Soltanto un anno fa, il loro mais era foraggio per gli allevamenti di bestiame o esportato come aiuto alimentare. Arrivato il tempo della trebbiatura di settembre, quasi tutto andrà a finire nel nuovo impianto di fermentazione di Carleton per trasformarlo in etanolo, un trasparente e in colore alcool consumato non dalla gente ma dalle automobili, E’ arrivata l’era degli “agrocarburanti” e la scala dei cambiamenti che sta già premendo sull’agricoltura e sui mercati è immensa. Quest’anno, solo in Nebraska, sono stati seminati 405 000 ettari in più di mais e lo stato si vanta che produrrà 10 miliardi di litri di etanolo. Negli Stati Uniti, lo scorso anno, il 20% di tutto il mais è stato utilizzato per produrre etanolo. Quanto è? Soltanto il 2% di quanto usato dalle autovetture. “Probabilmente non è mai stato meglio di come è oggi” a detto recentemente a un giornale locale Jerry Stahr, coltivatore del Nebraska. Jagels e Stahr sono parte di una verde corsa globale, uno dei più grandi cambiamenti che il mondo agricolo abbia mai visto in decenni. Come gli USA, Europa, Cina, Jappone e altri paesi si sono impegnati di utilizzare almeno il 10% di carburanti alternativi. Ovunque le aziende agricole sono passate velocemente al mais, canna da zucchero, olio di palma e olio di semi di rapa, tutti trasformabili in etanolo o altri bio carburanti per autovetture. Ma questo significa abbandonare altre coltivazioni. La scala dei cambiamenti è sbalorditiva. Il governo indiano dice di voler seminare 14 milioni di ettari di colture biocarburanti. L’Africa del Sud è vista come il futuro Medio Oriente dei biocarburanti, avendo 405 milioni di ettari di terre pronte a essere convertite a colture come la Jatropha curcas, pianta tropicale che riesce a crescere in terreni semiaridi. L’Indonesia ha detto che intende superare la Malesia e incrementare la sua produzione di olio di palma da 6,5 milioni a 26 milioni di ettari entro il 2025. Mentre questo può migliorare marginalmente le emissioni di CO2 e la sicurezza energetica, è una prova spaventosa per il prezzo degli alimenti e di chiunque si intrometta sulla strada di una nuova industria selvaggia. Negli USA, uno o due anni fa, quasi tutte le terre dove oggi si coltiva mais per etanolo producevano per alimento umano o animale. E poiché gli Stati Uniti sono i maggiori esportatori di mais mondiale, il suo prezzo è raddoppiato in dieci mesi, mentre il grano è aumentato del 50%. L’effetto nell’agricoltura inglese è l’aumento generale dei prezzi. “il prezzo mondiale [del mais] è raddoppiato,” dice Mark Hill, partner alimentare della ditta consultiva Deloitte. “In Giugno, il prezzo del grano in USA e Europa ha raggiunto i più alti prezzi da dieci anni a questa parte. Il livello dei prezzi degli ingredienti di base è tale da far scattare l’inflazione dei prezzi alimentari.” L’era del cibo a buon prezzo è finita, dice Hill. In alcuni paesi il prezzo delle derrate mondiali di zucchero, latte e cacao sono tutti lievitati, causando il maggiore aumento dei prezzi del cibo al dettaglio da trenta anni a questa parte. “Anche la carne costerà di più perché polli i maiali sono alimentati principalmente con grano,” dice Hill. “E mentre chi coltiva grano starà meglio, i produttori di carne e formaggio potrebbero affondare in questa situazione.” Ma la domanda travolgente di bio carburanti come l’etanolo sta danneggiando seriamente i poveri e l’ambiente. La UN World Food Programme, che alimenta circa 90 milioni di persone per la maggior parte con mai USA, stima che già 850 milioni di persone sono già in stato di denutrizione. Presto ce ne saranno altre perchè il prezzo degli aiuti alimentari è aumentato del 20% in solo un anno. Nel frattempo, il cibo indiano è rincarato del 11% in un anno, il prezzo della tortilla è quadruplicata in Messico in febbraio e 75 000 persone sono scese in piazza. Il Sud Africa ha visto aumentare i prezzi quasi del 17%, e la Cina è stata obbligata a fermare tutte le nuove piantagioni di mais per etanolo dopo che, l’anno scorso, i prezzi delle materie prime come il maiale sono aumentate del 42%. Negli USA, dove quasi 40 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà, il Dipartimento dell’Agricoltura ha recentemente previsto l’aumento del 10% del prezzo del pollo. I prezzi del pane, bistecca, uova e latte sono aumentati del 7,5% in luglio, l’aumento su base mensile più alto degli ultimi 25 anni. “La competizione tra gli 800 milioni di automobilisti, che vogliono mantenere la loro mobilità, e i 2 miliardi di poveri, che cercano semplicemente di sopravvivere, si sta rivelando una questione epica,” dice Lester Brown, presidente del Washington Worldwwatch Institute thinktank, e autore del libro Who Will Feed China? La sitazione non migliorerà, dice Brown. La UN World Food Organisation prevede che la domanda di biocarburanti crescerà del 170% nei prossimi tre anni. Un rapporto separato del OECD, club dei 30 paesi più ricchi, prospetta un aumento dei prezzi del cibo tra il 20% e il 50% nella prossima decade, e i capi della Nestlé, la più grossa multinazionale alimentare del mondo, dice che i prezzi resteranno alti più a lungo di quanto si possa pensare. Una “perfetta tempesta” di fattori ecologici e sociali sembra prendere forma e minacciare una gran numero di persone con mancanza di cibo e aumento dei prezzi. Anche se le grandi aziende agricole mondiali stanno uscendo dalla produzione di cibo e foraggio per animali, la popolazione globale sta crescendo di 87 milioni di unità all’anno; paesi in via di sviluppo come la Cina e India stanno passando a una dieta basata sulla carne che necessita di maggiore terra; e il cambiamento climatico incomincia a colpire duramente i produttori di cibo. Recenti rapporti apparsi su Science e Nature prospettano che un terzo della pesca mondiale sia al collasso, i due terzi collasseranno entro il 2025 e tutto il pescato oceanico mondiale potrebbe virtualmente finire entro il 2048. “Le forniture globali di grano scenderanno al minimo storico quest’anno. Al di la di periodi di guerra non sono mai state cosi magre in un secolo, forse più,” dice il Dipartimento dell’Agricoltura USA. In sette degli otto anni passati nel mondo è stato prodotto meno grano che quanto consumato. Dice Brown. Le scorte mondiali di grano – riservate alle emergenze – sono ora sufficienti per 50 giorni. Secondo gli esperti siamo nell’era del post surplus alimentare”. La crisi alimentare, ammonisce Brown, è solo agl’inizi. Ciò che lo preoccupa quanto la recente competizione tra cibo e bio-carburanti è il rapido sviluppo di China e India – le due nazioni più popolose del mondo, con quasi il 40% della popolazione mondiale tra tutte e due – sta abbandonando l’alimentazione tradizionale a base di vegetali a favore di una tipica “Americana” più ricca di carne e latticini. La domanda di carne in Cina è quadruplicata in 30 anni, e in India, latte e uova diventano sempre più popolari. Questo non è un problema in se, dice Brown e altri, se non fosse la causa di una accelerata richiesta d’acqua per le piantagioni. Ci vogliono 7kg di grano per produrre 1 kg di carne, e una domanda crescente significa una grande quantità di terre coltivate a grano. Molto di queste dovranno essere irrigate, naturalmente. “ Le falde freatiche di paesi che ospitano più della metà della popolazione mondiale stanno calando,” apostrofa Brown. “ Mentre molti analisti e politici si interessano sulla futura scarsità d’acqua, pochi hanno collegato il fatto che la scarsità d’acqua futura significa scarsità di cibo futuro.” Le ultime analisi della World Bank, dice, mostrano che il 15% del cibo mondiale, su cui campano 160 milioni di persone, è coltivato con acqua spillata dal sottosuolo in rapido svuotamento o da fiumi che si prosciugano. In grandi aree della Cina e India, le falde acquifere sono scese catastroficamente. Gli scienziati si stanno allarmando sempre più. All’inizio di quest’anno, gli specialisti dell’acqua di centinaia di istituti del mondo hanno pubblicato la più grande stima dell’acqua e del cibo. Le loro conclusioni sono agghiaccianti. Con l’acqua della terra, terra e risorse umane, sarebbe possibile produrre abbastanza cibo per il futuro, hanno detto. “Ma è probabile che la produzione attuale di cibo e l’andamento ambientale andrà in crisi in molte parti del mondo,” dice David Golden, vice direttore generale del International Water Management Institute. Il cambiamento climatico, intanto, porta piogge più intense, tempeste improvvise, lunghi periodi di siccità e stagioni interrotte. Le recenti alluvioni in Inghilterra porteranno a una carenza di vegetali come patate e piselli, e cereali come il frumento. Questo si soma all’aumento del 4,9% del prezzo del cibo di quest’anno a maggio – ben al di sopra dell’inflazione – e all’aumento del 9,6% del prezzo delle verdure. L’Inghilterra può farcela, ma da altre parti il cambiamento climatico si sta rivelando disastroso. “Ho incontrato governanti del Madagascar spazzati da sette uragani nei primi sei mesi dell’anno,” a detto recentemente ai colleghi di Roma il nuovo direttore del World Food Programme Josette Sheeran. “Chiesi loro quando sarebbe finita la stagione e mi risposero che sta diventando sempre più difficile rispondere a queste domande. Gli agricoltori sanno che le previsioni meteorologiche stanno diventando cose del passato. Come si relazione con questi rischi mutevoli il sistema di rifornimento alimentare globale?” La risposta è la seguente: con sempre maggiore difficoltà. La Commissione intergovernativa sul Cambiamento Climatico prevede che le coltivazioni dipendenti dalla pioggia potrebbero essere dimezzate entro il 2020 per colpo dei cambiamenti climatici. “Persino una riduzione vicina al 50% della resa potrebbe porre grossi problemi,” afferma Sheeran. In settimana, Lesotho ha dichiarato un emergenza alimentare dopo la peggiore siccità degli ultimi 30 anni e la forte riduzione del raccolto dell’area del Sud Africa ha fatto salire i prezzi ben al di sopra delle possibilità del maggior parte della popolazione. Tutto ciò è decisamente triste dicono analisti e politici. All’inizio di quest’anno il presidente brasiliano Luis Lula a dichiarato al Guardian che non cera proprio bisogno della scarsità globale di cibo o dell’abattimento di foreste per aumentare i campi coltivabili. “Il Brasile ha 320 milioni di ettari di terra coltivabile di cui solo un quinto è coltivata. Di questo meno del 4% è utilizzato per la produzione di etanolo … Questa non è una scelta tra cibo e energia.” Altri dicono che l’aumento dei prezzi che vediamo in questi giorni sono temporanei e torneranno alla normalità entro l’anno. Gli esperti puntano le loro speranze sui raccolti geneticamente modificati, o resistenti alla siccità, o confidano sul fatto che i produttori di biocarburanti svilupperanno tecniche che richiedano meno materia prima o utilizzino le parti non commestibili. La migliore scommessa da fare è che paesi come l’Argentina, Polonia, Ucraina e Cazachistan pareggino le minori esportazione degli USA. Tornanto nel frattempo alle grandi pianure le febbre dell’etanolo sta crescendo alta. L’anno scorso vi erano meno di 100 impianti in tutti gli Stati Uniti capaci di produrre 19 miliardi di liti di etanolo. Ora ne sono stati costruiti altri 50 e più di 300 in progetto. Se soltanto la metà di questi verranno realizzati faranno riscrivere la politica alimentare globale.
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Emergenza alimentare Il tempo, 26/4/74 Si estende la crisi alimentare causata dall'aumento dei
prezzi. Il Pam ha reso noto che il costo complessivo dell'alimentazione
di tutto il mondo ha toccato un rialzo del 40% per cento a causa della
spirale dei costi alimentari e dei prezzi del petrolio. Il segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, parla di «crisi globale» e
chiede misure immediate. Anche il Giappone risente dell'emergenza
alimentare. C'è ad esempio carenza di burro vista l'impennata dei
prezzi del mangime per le mucche e il taglio delle importazioni di
latte proveniniente dall'Australia. Problemi anche con
l'approvvigionamento di grano che in un anno è aumentato del 130% e che
ha costretto Tokyo a erogare un finanziamento straordinario di 55
miliardi di yen (330 milioni di euro). La questione delle importazioni
colpisce particolarmente un paese come il Giappone che nel 2006 ha
coperto solo per il 39% il fabbisogno interno, scendendo per la prima
volta dal 1960 sotto la soglia del 40%. La crisi è avvertita dalla
popolazione. Secondo un sondaggio commissionato dal governo l'80% teme
«per la scarsità di cibo nel prossimo futuro». |
Crisi alimentare per 40 paesi FAO , 9 ottobre 2006 Quaranta paesi stanno affrontando emergenze alimentari e hanno
bisogno di aiuti internazionali, mentre la crisi in Darfur, in Sudan, rimane il problema
umanitario più urgente, avverte il rapporto bimensile della FAO Crop Prospects and Food Situation (Prospettive dei raccolti e situazione alimentare), pubblicato oggi.
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Crisi alimentare: alla ricerca di soluzioni durature swissinfo, Andrea Clementi
A livello mondiale, il cibo è sempre più caro e milioni di abitanti dei paesi in via di sviluppo rischiano la miseria, mentre la comunità internazionale sta tentando di trovare una via d'uscita.Le cifre sono emblematiche: durante gli ultimi anni, nonostante una produzione in continuo aumento, i prezzi degli alimenti di base sono cresciuti in maniera esponenziale. A titolo di esempio, in Senegal 1 kg di riso costa attualmente circa 1 euro: a marzo del 2007, la medesima quantità poteva essere acquistata con 22 centesimi. A pagare le conseguenze di questa situazione sono soprattutto i paesi asiatici, africani e latinoamericani. Confrontata ai costi vieppiù proibitivi – considerati i salari estremamente bassi –, la popolazione di questi continenti fatica enormemente a garantire il proprio sostentamento. Ad Haiti e nelle Filippine, per citare due casi, si sono infatti già verificati momenti di tensione in seguito alle veementi proteste dei cittadini. Dal canto suo, la comunità internazionale si è chinata sul problema, alla luce del preoccupante scenario – ampie fasce di popolazione presto ridotte alla fame – nel caso in cui l'impennata dei prezzi non potesse essere frenata. Oltre agli aiuti finanziari d'emergenza, vengono dunque ricercate soluzioni durature. Molteplici causeIl rincaro alimentare attuale è legato a circostanze diverse: in primo luogo, l'aumento della domanda nei paesi emergenti – segnatamente India e Cina – conseguente alla crescita della popolazione e al maggior potere d'acquisto. Secondariamente, è salita anche la richiesta di cereali destinati alla produzione di biocarburanti, ciò che ha tolto materia prima dal mercato alimentare e ha ulteriormente spinto verso l'alto i prezzi. Parallelamente, la crescita del costo del petrolio ha reso molto più onerosi i trasporti e ostacolato quindi la distribuzione dei beni agricoli. Inoltre, le superfici disponibili per la coltivazione diminuiscono costantemente in ragione della crescente urbanizzazione del territorio e dei cambiamenti climatici. Quale ultimo elemento, figurano le speculazioni sui mercati delle materie prime, generate della sempre maggior necessità di queste ultime. Per meglio comprendere il contesto attuale, individuare le possibili vie d'uscita e delineare la strategia d'aiuto elvetica abbiamo interpellato Giancarlo de Picciotto, attivo presso la sezione «Medio Oriente e Africa settentrionale» della Direzione svizzera dello sviluppo della cooperazione e impegnato per anni in America latina. Sovranità alimentare«La sovranità alimentare di un paese comprende da un lato la capacità di importare ed esportare cibo, dall'altro quella di produrre il necessario per garantire il sostentamento della popolazione», spiega de Picciotto. L'intervento svizzero – sottolinea l'esperto – si declina su più livelli: in primo luogo politico, aiutando cioè le autorità locali a elaborare politiche agricole adatte al contesto. Il sostegno passa poi attraverso la promozione dell'innovazione tecnologica. Infine, vengono rafforzate le strutture di appoggio alla produzione, per esempio le cooperative agricole e le ditte di commercializzazione di prodotti locali. «Lo scopo finale – riassume de Picciotto – non è quello di negare l'importanza del commercio internazionale, ma garantire ai singoli paesi un livello di produttività alimentare tale da potere assorbire le scosse proprie del sistema globalizzato, come la scelta statunitense, peraltro legittima, di destinare buona parte della produzione agricola al bioetanolo». Sfruttare ciò che già esisteIn un recente rapporto sullo stato dell'agricoltura mondiale, l'Organizzazione delle Nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura ha sottolineato la necessità di modificare l'approccio all'agricoltura moderna. In particolare, vi si afferma che le scienze agricole hanno sì permesso di migliorare considerevolmente la produttività durante l'ultimo cinquantennio, ma i benefici sono stati ripartiti in maniera assai disuguale. Secondo gli autori del documento, occorre quindi tenere maggiormente conto della protezione delle risorse naturali. A tal proposito, Giancarlo de Picciotto osserva: «Quando si parla di innovazione in questo settore, l'obiettivo deve essere quello di ricavare il massimo dalla tecnologia già esistente, adattandola alle condizioni dei piccoli e medi produttori». Metodi tradizionali«Innovazione tecnologica – aggiunge – è per esempio sinonimo di trazione animale, di uso dell'aratro. Si tratta di tecniche adeguate ai piccoli appezzamenti, sui quali non avrebbe senso utilizzare enormi trattori». Lo stesso vale per le sementi: «ben vengano quelle migliorate, ma tale processo dovrebbe essere effettuato secondo i metodi tradizionali – quali gli incroci tra le diverse varietà, ad esempio per rendere la specie più resistente alla siccità – e non necessariamente ricorrendo alle modifiche genetiche». «Le soluzioni valide per la Svizzera e per gli altri paesi sviluppati non sono necessariamente applicabili ad altre realtà», sintetizza de Picciotto. Comportamento responsabileIn un recente intervento, lo svizzero Jean Ziegler – relatore speciale delle Nazioni unite per il diritto all'alimentazione – ha caldeggiato una moratoria di cinque anni concernente i biocarburanti. Egli ha infatti ricordato che per produrre 50 litri di etanolo servono circa 230 kg di mais, sufficienti a sfamare un bambino africano per un anno. «Credo che il senso della frase di Ziegler sia un invito a riflettere sul nostro comportamento e senso etico: non dobbiamo sprecare le risorse disponibili per puro egoismo. In altre parole, prima di trasformare il cibo in carburante destinato alle nostre automobili, faremmo per esempio meglio a investire nella ricerca energetica», conclude Giancarlo de Picciotto.
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